2012/02/26

Saro Dipasquale, scrittore

Scrittori iblei

Il gioco della mosca cavallina
racconti
di  Saro Dipasquale


Questo libro, “Il gioco della mosca cavallina” di Saro Dipasquale è una gradita sorpresa. Personalmente conosco l’autore da quando lui ed io abitavamo a Modica ed eravamo vicini di casa. Ricordo la madre, maestra di scuola elementare e il padre, professore di disegno. Saro era per me un amico particolare, diverso dagli altri: discreto, osservatore acutissimo, grande ascoltatore, nelle conversazioni riusciva sempre a presentarti il suo punto di vista con la massima discrezione, con il massimo rispetto per l’interlocutore. Era come se questo giovane fosse nato adulto, maturo, saggio. Lo ricordo ancora amante della natura e con una tenace passione per il calcio, al quale dedicava la maggior parte del suo tempo libero.  

Quello che mi colpiva,  allora, di Saro Dipasquale, era questo riuscire ad essere per se stesso, questo vivere in un suo mondo che ai miei occhi lo rendeva amante di romitaggi urbani, e però, sempre amante dei contatti umani, aperto e disponibile a un dialogo sano e costruttivo con gli altri.

A distanza di anni, la sorpresa. Colui che era solo un amico e un appassionato pittore, pubblica per i tipi dell’editore “Genius Loci”, Il gioco della mosca cavallina. Si tratta di venticinque racconti nei quali, con una vena di velata e finissima ironia, Saro Dipasquale racconta, ma sarebbe bene dire, si diverte a raccontare, eventi che, nel nostro più o meno recente passato, hanno fatto parte della nostra cultura e del suo vissuto personale. Racconti divisi per categorie: Così scherzavano una volta, Imprevisti della vita, Nel mondo contadino, Dalla campagna alla città, che richiamano alla memoria tutta la tradizione di questo genere letterario che ha avuto nobili rappresentanti dell’umorismo, a partire da Le cento novelle del Sacchetti sino a Carrube e Cavalieri di Raffaele Poidomani.

Ciò che accomuna questi scrittori di racconti è il rapporto ironico con la materia narrata. Eventi quotidiani apparentemente insignificanti, come Un feroce mal di denti, Una gita al mare, Una domenica in campagna, fatti di ordinaria routine, vengono intercettati dallo scrittore, ritagliati dal contesto di altri avvenimenti e rivissuti come fatti a sé, sotto un’ottica nuova, venata di umorismo, che mette a nudo in modo spietato la dinamica dei rapporti umani, le nostre umane debolezze, le paradossali ambiguità della nostra cultura, per rinascere, come fatti nuovi nella dimensione del racconto, e nell’evento letterario.        

Volendo fare una analogia con la pittura, dico che ogni racconto è un guache, e tutti i racconti partecipano alla realizzazione di un affresco, che ridipinge una storia inusitata del nostro passato: microstorie delicate, curatissime, coinvolgenti, nelle quali in varia misura tutti potremmo riconoscerci; affresco che fissa, anzi fotografa, aspetti del nostro vivere, comportamenti, abitudini, che raccontati dal nostro scrittore fissano modalità linguistiche, dinamiche familiari, ma anche l’umorismo tipico del siciliano di un tempo.

Protagonista delle storie narrate è l’ambiente ibleo recuperato da una distanza spazio-temporale appena appena necessaria perché il tempo abbia avuto il tempo   di sfocarne i connotati, per rendere le storie narrate parte di una memoria che ora ha le connotazioni del mito.

Ma, il vero e unico protagonista di questi racconti è Saro Dipasquale, che in questa opera si rivela scrittore dalla capacità di osservazione assoluta, originale, finissimo e originale nella capacità di rilevare la realtà e di riproporla in una scrittura pulita, chiara e coinvolgente. Miscostorie, che entrano nel dettaglio in modo analitico, quasi scientifico per diventare documenti di vita, di storia, di verità.

                                                        Gino Carbonaro
    

    


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