2021/08/07

Compagnia GoDoT - L'Avaro di Molière - commento di Gino Carbonato



Una lezione di Teatro

L’AVARO di MOLIÈRE,
al Castello di Donnafugata.



di Gino Carbonaro  


Spettacolo Teatrale della COMPAGNIA Go.Do.T 


Nella mia vita, ho visto più di una volta l’Avaro di Molière, ma devo essere sincero, non sono mai impazzito di gioia per una pièce teatrale, dove lo spettatore è costretto ad ascoltare il protagonista Arpagon-avaro che dialoga con se stesso. La staticità non è il forte del teatro, dove tutto, a seconda degli atti, si svolge su scene che cambiano di poco.
Insomma, non avevo desiderio di tornare a rivedere una commedia che, seppure ben intrecciata nella trama, non aveva più nulla da dirmi.
invece, la curiosità di tornare a rivedere quella che è la più famosa commedia di MOLIÈRE, si è accesa per due motivi:
1. Per il fatto che la proposta veniva dalla Compagnia GODOT, che in passato mi ha sempre sorpreso per la originalità delle sue interpretazioni teatrali.
2. Per la forza del *passaparola*, che mi ha raggiunto più volte, per dire entusiasticamente che lo spettacolo messo in scena dal GODOT era “*fantastico*”.
Ma, era chiaro che il termine fantastico non poteva dire quali emozioni può dare una pièce teatrale. Sarebbe come parlare di colori a un cieco. Tu puoi ascoltare quella informazione, ma non recepirne il significato profondo.
E però, incuriosito, ho acquistato il biglietto in via Carducci 265, e ieri sera mi sono recato al Castello di Donnafugata.
Prima sorpresa? Sono arrivato con un’ora di anticipo, e ho trovato difficoltà a trovare un posto-macchina nell’immenso parcheggio del Castello. Subito dopo saprò che tutto, per quello spettacolo, era sold-out per quei posti a sedere nel giardino, dove era stato posizionato il teatro. Dunque? Un segno tangibile di successo.
Conquistato il mio posto, e dopo la non breve attesa di routine, l’inizio dello spettacolo, che aveva come palcoscenico la stupenda scala del Castello. Scenario stupendo. Pubblico attentissimo. Luci fantasmagoriche, che illuminano la scalinata e i giganteschi Ficus.
Finalmente l’inizio, con un novità non prevista nella Commedia di MOLIÈRE.
Appare sulla scena, un personaggio femminile che indossa un originale e fastoso abito rosso: dall’alto della scalinata l’attrice Federica Bisegna spiega al pubblico il contenuto della Commedia. La voce dell’attrice è sicura, chiara, potente, carica di ironia, coinvolgente. Insomma, questo il “la” della pièce. Era questo l’amo per agganciare l’attenzione del pubblico.
Ma questo escamotage, penso sia da adottare sempre in qualsiasi pièce teatrale. Sapere come si svolge la storia è fondamentale.
Gli elementi utilizzati in apertura sono tre: la voce-narrante, le luci, la musica stupenda, colori.
Poi? Federica si ritira e la storia comincia.
E si nota subito il taglio dato dal regista alla storica secentesca Commedia, dopo tre secoli.
• I protagonisti (più di dieci) hanno vestiti dai colori sgargianti. Gioia e allegria anticipata.
• I dialoghi sono accattivanti.
• La musica da sottofondo è classica, vivaldiana, stupenda.
• Il dinamismo dei personaggi eccezionale. Tutto un vortice. Tutto un movimento.
Si capisce subito che gli attori (tutti bravissimi) diventano simboli colorati di una tavolozza teatrale dove sarà recuperato il grottesco della Commedia dell’Arte, in una interpretazione “corale”, che si svolge con un accostamento di suoni, colori, movimenti, realizzati da uno staff teatrale ricco di attori giovani e bravissimi, consapevoli del fatto che il successo della serata sarebbe dipeso dalla loro capacità di dare anima e vita ad un’opera importante del passato.
E qui, il merito chiama in causa Vittorio Bonaccorso, primo attore e regista , che è riuscito a dare il meglio di se stesso. Regista che è riuscito a tirar fuori una insospettata energia da ogni protagonista, fra l’altro - ripetiamo - tutti giovanissimi, che liberavano il loro amore per il Teatro.
Che dire ancora?
Diciamo che il pubblico non poteva immaginare che una commedia basata sulla forza della parola potesse volare nei cieli di un “quasi-musical”, dove musica-danza-canto-parola-pittura-sorpresa- invenzione-fantasia intervengono per sostenere una storia buffa, a lieto fine.
Aggiungo che l’entusiasmo del pubblico era enorme. Il mio stupore enorme, anche, dal momento che diventava chiaro per me il ruolo della regia, in questo caso geniale, per inventare, far capire agli attori quello che desiderava realizzare la regia, e caricare nello stesso tempo di entusiasmo gli attori che nel caso specifico si sono letteralmente scatenati (liberati) da qualsiasi condizionamento, per dare un’anima a quella che io considero una delle opere più perfette e belle, alle quali ho potuto assistere nella mia vita.
Ne è venuto fuori un MOLIÈRE? Grande. Un Vittorio BONACCORSO? Non meno grande. E tutti, dico tutti gli attori, eccezionali. Una squadra affiatatissima che ha dato il meglio di se stessa.
Gino Carbonaro
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