2012/02/26

La pittura di Salvatore Chessari

Considerazioni a margine delle opere
di
Salvatore Chessari

                                                                   di Gino Carbonaro
a. Il senso del dipingere

Mi chiedo sempre cosa vuole realizzare un pittore quando si mette davanti a una tela bianca e comincia a disporre i colori sulla tavolozza. Sicuramente si appresta a un rito. La tela bianca è il nulla, colori e pennello sono il mezzo. Ciò che verrà fuori è creazione, discorso, vita. Perlomeno nelle intenzioni. Il creatore è lui. Il rito è sacro.

Nel gioco dei simboli, il pittore è sacerdote. Lo studio che accoglie il pittore si fa tempio, spazio sacro dove si celebra la religione dell’arte, grande utero che assiste al travaglio dell’opera che vedrà la luce e dirà di quel mondo dal quale proviene.

È in questa ricerca l’essenza dell’arte. Perché, l’opera da realizzare è sempre una scommessa che l’artista fa con se stesso: obiettivo è quello di scandagliare se stesso per cogliere un rapporto e scoprire una parte sconosciuta del sé.


2.  Prigioniero del tempo

Per Chessari la pittura è religione. Io lo vedo così. Di giorno a inseguire se stesso, nell’inesausto correre appresso alla necessità delle cose, sempre teso al controllo di fatti ed  eventi;  incapace di pause, prigioniero del tempo, sopraffatto dalle mille urgenze del quotidiano; immerso, di necessità, nella vita che non concede pause e inaridisce gli animi. Meteora che appare e scompare. Questo è Salvatore Chessari. Di giorno.

Poi, la sera, i rapporti si invertono. Di sera, la metamorfosi. Chessari si cambia d’abito, si spoglia di ogni pensiero ed entra nel sacrario del suo studio per dare inizio al rito, alla ricerca, alla creazione.

Di fatto, la pittura è il momento del dialogo che Chessari instaura con se stesso, della comunione che ogni artista ha con le cose. La pittura offre possibilità insospettate alla introspezione dell'animo: discesa nella profondità della mente, per dire del mistero dell’uomo, della sua dimensione e grandezza, del suo rinascere e ricrearsi, per continuare a vivere in conseguenza dell’evento artistico.

Di qui, il viaggio di Chessari nel mondo magico della pittura. Da qui la fuga dalla realtà, per immergersi in un mare di colori, alla ricerca di un mondo altro, sconosciuto e diverso, fatto di luci e di silenzi, e approdare ad un’altra realtà  immaginata, sognata: quella che ora, Chessari ci propone in questa sua personale.

3. Lo spazio: acqua, aria, luce

Oggetto della ricerca di Chessari è il mare. È lì, nella profondità degli abissi marini che il pittore coglie la primordiale pulsione della vita. Perché la vita nasce nell’acqua, nei silenzi abissali che la luce feconda. È lì che il tempo si ferma e si dilata sino a coincidere con l’Eterno. È in queste opere che il colore sfuma nel colore e si fa luce che è armonia, serenità, pace.
    
È un mondo pittorico – quello di Chessari - fatto di acqua e di cielo, ma soprattutto di luce, e di rapporti cromatici. Un universo che non ha confine, che si dissolve nello spazio. Realtà indefinita, perché indefinibile è l’oggetto della ricerca. Realtà che ha perduto ogni definizione e peso, ed ha subìto un processo di levitazione dissolvendosi, quasi, nell’aria, diventando idea pura.
    
La grande scommessa è quella di imprigionare l’infinito all’interno di un quadrato. È questo il paradosso dell’arte: bloccare ciò che sfugge, dare una forma a ciò che non ha forma; cogliere l’attimo fuggente, lasciare un segno dell’esistere, proponendo un messaggio fatto di colori, trasparenze, atmosfere, vibrazioni tonali, che colgono l’indicibile, e dicono qualcosa sul mistero delle cose. Questo è quello che Salvatore Chessari si prefigge.

4.  Il silenzio e la luce
    
Ma, è bene chiedersi se le opere di questo pittore ibleo non aspirano a cogliere l’essenza della cose, a pervenire là dove tutto è serenità, armonia, bellezza. Mi chiedo se la verità non sia trasportata dall’aria, custodita dall’acqua, là dove la cerca Chessari. Di certo è nel mare l’incanto, e nei fondali marini la vertigine di bellezza, il miracolo della creazione. È nel mare che i colori diventano trasparenze cullate dal tempo, protette dal silenzio; ma è nel cielo l’ansia di infinito, l’idea che l’uomo può superare il limite e cogliere l’essenza delle cose: ciò che le parole non dicono, ma la natura trasmette.

All’alba del terzo millennio, questo pittore mediterraneo, riscopre la luce della Sicilia, le sconfinate visioni degli altopiani iblei, la realtà che circonda questa isola: il mare. Lo stesso mare che per i Greci era divino. Perché dalla spuma del mare era nata Afrodite-Venere, la dea della bellezza, pudicamente accolta dalle Nereidi, ninfe oceanine. E tutto era luce, poesia, incanto.

È vero. Mancano nella pittura di Chessari i  delfini che negli affreschi egeo-cretesi popolavano il mare. Ma, qui è lui il protagonista, il mare, non le sue creature. Oggetto-soggetto  classico, il mare, che consente a Chessari il gioco di una pittura sospesa tra suggerimenti del reale e allettante richiamo dell’informale.

5.  Riconoscimenti ed esiti
    
Al di là  degli esiti della sua pittura e delle personali interpretazioni che le opere suggeriscono al fruitore, nessuno può disconoscere che Salvatore Chessari è pittore valido, puro, di spessore, capace di dominare gli spazi immensi, di gestire il colore in maniera fresca, di suggerire atmosfere, di mettere sempre e comunque il quadro in tensione. È  quella di Chessari una pittura che ricerca atmosfera per pervenire a un sogno. Pittura dove il colore si fa aria, luce, atmosfera, per cogliere il silenzio, la magia delle cose, il passo ovattato dell’incanto, un mondo dove i colori non gridano, e consentono di pervenire a un sogno.   Pittura che punta ad una sorta di introspezione: quella della realtà e quella del suo animo, che placa il tumulto della vita nella serenità raggiunta dell’opera d’arte. È per questo che Salvatore Chessari merita altri esiti e più ampi riconoscimenti.  

                                                 Gino Carbonaro

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