2012/02/26

La Donna nei Proverbi Siciliani saggio di Gianni Battaglia regista

Saggio su 
"La Donna nei Proverbi Siciliani"
di Gianni Battaglia regista

Nessun libro, nessuna rivisitazione storica,      culturale ha mai scandagliato il proverbio siciliano  da una molteplicità così esauriente di prospettive       e di segni come fa "La donna nei proverbi" di Gino Carbonaro.
Nessuno ha presentato il proverbio siciliano in chiave così leggiadra, spiritosa, vivace, dissacratoria, ironica, graffiante, come fa Gino Carbonaro ne La donna nei proverbi siciliani. È in questa opera che l’Autore svela una "terza via", deduttiva, per gustare, assaporare le piacevolezze del patrimonio folclorico siciliano.

Gino Carbonaro inventa la chiave succulenta della interpretazione del proverbio, tramite un’azione di recupero dovizioso e profondo di motivi esistenziali, credenze, pregiudizi, rapporti sociali, usi, costumi, situazioni di vita, principi etico-religiosi, di tutto quell’insieme di motivi e valori, dai quali il proverbio siciliano prende spunto. Una via che appare avanzata rispetto ai sentieri classici della demologia siciliana e al modello archivistico rinvenibile in Pitré, o ricostruttivistico e umanista prediletto dal chiaramontano S. A. Guastella. Potremmo affermare che i proverbi sono stati inventariati da Pitré e Guastella, interpretati da Gino Carbonaro, che del proverbio si serve per calarsi nella realtà dell’epoca, per leggere le forme mentali di una cultura siciliana oggi trapassata.

Gino Carbonaro immagina una storia comune, di due giovani siciliani, Turiđdu e Cuncittina. Una storia minore, di due personaggi esemplificativi della civiltà contadina, situabili fra il tardo Ottocento e la prima metà del secolo scorso (forse), le cui vicende sono descritte nella sequenzialità quotidiana.

Sul rapporto uomo-donna, Gino Carbonaro convoglia avvenimenti principali e secondari di una storia ipotetica (ma non tanto) mirabilmente intrecciati a un melting pot di fatti e micro-fatti, e a un insieme di citazioni, commenti, frammenti saggistici e documenti finali, riverberati dalla cultura del tempo, dalla storia dei due giovani e, in essi, dalla sentenza proverbiale.

Il Pitré ha trascritto il materiale riferibile al proverbio siciliano nel suo asettico "frasario" popolare. Con Turiđdu e Cuncittina e con gli altri personaggi a corollario, e con l’insieme tematico dispiegato e intessuto, Gino Carbonaro sembra umanizzare il proverbio, dargli un'anima. Ma, nella piena conoscenza della cultura popolare intorno al secolo scorso, nel dominio assoluto della materia che maneggia e manipola, egli sembra mosso da una intensa pulsione ludica, coinvolto da un gioco trasgressivo, dissacratorio, irriverente, o più semplicemente da una mordace e divagante ironia. 

A tratti, Gino Carbonaro sembra assurgere a recensore implacabile del detto proverbiale, al modo di colui che abbia scovato le magagne di un modus vivendi e di una cultura e ora le svergogni additandole al pubblico ludibrio. Tuttavia questo graffiante e al contempo giocoso profluvio scrittorio appare qua e là temperato da una sorta di bonaria indulgenza, anche perché da siciliano, Gino Carbonaro ha sentito e vissuto, in qualche tratto significativo della sua vita, i postumi reali, esistenziali di quella cultura.

E devo ancora rilevare ne La donna nei proverbi i tagli, i toni della commedia. E a Gino Carbonaro vorrei riconoscere, in questa occasione, taluni profili del commediografo. Il suo procedere nello schema di scrittura de La donna nei proverbi appare più vicino allo schema drammaturgico di un testo di teatro, che non ad uno schema narrativo o saggistico. E del testo vorrei sottolineare ancora la puntigliosa cura fonetica, territorio solitamente battuto dai professionisti della parola detta (attori, giornalisti tv, fonetisti), ma nella quale Gino Carbonaro sembra muoversi con assoluta naturalezza, e con la quale sembra dare implicito rilievo a un motivo primigenio del proverbio siciliano: la sua originaria, sostanziale, dimensione orale.

Va evidenziata, infine, la familiarità musicale di Gino Carbonaro con la tradizione musicale siciliana, con friscalêtti, tammurêđdi, jolle, fasòle, tubbiane, che La donna nei proverbi non riesce a dissimulare. E va notata la preziosa trascrizione degli spartiti musicali, le pregevoli schede documentali, "divagazione" rivelatoria a buon uso del lettore, che amplia il portato evocativo-semantico delle sentenze proverbiali.

Non so se sia utile leggere La donna nei proverbi come libro femminista, privo com’è dei connaturati presupposti ideologici e della tensione etica specifica del femminismo, anche se l’opera mette a nudo il modo di percepire la donna nella Sicilia di una volta.

Di certo, La donna nei proverbi siciliani nasce in Carbonaro nel punto in cui il suo vissuto si intreccia con quello dell'intellettuale. E so per certo che Gino Carbonaro, nel vaglio di uno sfondo sterminato di sentenze proverbiali, in fase di scrittura ha dovuto procedere per sottrazione, soffertissima, per eliminazione; al modo di Cervantes che nel suo poderoso Don Chisciotte confessava: "Si tributino lodi allo scritto non per quello che ho scritto ma per quello che ho rinunciato a scrivere!" (II, XLIV). E confessava ancora: "Ho voluto comporre un'opera nella quale il malinconico sia mosso alle risa; chi è allegro rida ancora di più; l'ignorante non si annoi; il dotto ammiri l'invenzione; la persona seria non la disprezzi; il saggio non manchi di lodarla".
                                               
                                           Gianni Battaglia regista

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