2012/01/23

"Canto degli spigolatori" da "La Contea di Modica"

                        
                      Cantu rê scugghitura
                                                 
                                                                di Gino Carbonaro 




    La musica popolare siciliana è musica tristissima. Essa registra il dolore di un popolo che per millenni ha subìto lo sfruttamento di dominatori di turno, che nei secoli hanno sottomesso  la Sicilia e i suoi abitanti.

   Terra fertile e ricca, posta nel cuore del Mediterraneo, quest’isola, che i Greci chiamarono Trinacria (Τρινακρία) [1] ha subìto per millenni periodiche e ininterrotte invasioni da parte di chi aveva intuito ricchezza e posizione strategica dell’isola, e aspirava ad avere il controllo del Mediterraneo, di quello che nei tempi antichi fu considerato il centro del mondo.

   Il popolo siciliano è costituito da coloro che sono sopravvissuti alla pressione dei dominatori di turno. Uomini “pressati” che, come le olive, al torchio danno il meglio di se stessi.

   Di questi servi della amara terra di Sicilia è giunta sino a noi la voce di quella sofferenza antica, registrata come calco nei canti popolari.  Musica che conferma il detto antico, che [2] il canto è pianto   (lu cantu è `çhiantu). Lamento che si ritrova ancora nel Fado portoghese, nel Flamenco e nel Fandango spagnoli, perché è nel canto che si registra il dolore di un mondo che ha conosciuto la sofferenza.  

    I canti e le musiche da ballo siciliane (jolle, tubbiane, chiôvu) [3]  proposti nel CD "Contea di Modica" sono quasi tutti in tono minore, che è quello che esprime la tristezza. Anche le musiche da ballo, che dovrebbero esprimere la gioia, risultano tristi se interpretati in modo rallentato.

1. Cantu ri li şcuġğhitura  (Canto degli spigolatori)

   I canti presentati nel CD "Contea di Modica" edito da Control Data di Wiesbaden, Germania e interpretato da Duccio, Emanuela Belgiorno e Gino Carbonaro,  testimoniano la tristezza di cui si è detto sopra. Il primo di questi è il Canto degli spigolatori (Cantu di li şcuġğhitura) [4] documento di altissimo valore storico, oltre che psico-sociologico e musicale. In esso è registrato un evento di storia minore della Sicilia del passato recente, evento disconosciuto, ma tuttora vivo nella memoria collettiva dei Modicani. L'argomento è stato trattato sotto il profilo socio-politico da Raffaele Poidomani ("Mattino di Modica", Anno I, n. 22, 9 luglio 1961) e sotto  l'aspetto storico da Maria Iemmolo, nell'opera "Alla ricerca delle spighe perdute" (Centro Studi Feliciano Rossitto, Ragusa, 2009).  Ecco i fatti.
 Ogni anno, all’inizio dell’estate [5] migliaia di famiglie di contadini modicani, sioprattuto, ma anche dei paesi vicini, caricavano sui carri le loro masserizie, per trasferirsi verso le campagne dell'agrigentino, Enna, Caltanissetta e ancora fin nelle campagne del palermitano. Obiettivo? Mietere le spighe nelle immense distese di campi seminati a grano della Sicilia Centrale. 

   Il frumento veniva mietuto a mano da squadre di contadini allineati sui campi e muniti di falce, che seguivano il ritmo del caporale.[6] Nessuno doveva perdere il ritmo, a nessuno era consentito rompere il ritmo per riprendere una spiga caduta, che invece poteva essere raccolta dalle spigolatrici (solitamente donne). Il bisogno costringeva a ricorrere a tanto per poter sopravvivere. 

    La scena di centinaia di carri che verso la metà di giugno partivano da Modica era registrata come una sorta di pietosa transumanza.

  Il "Canto degli spigolatori" registra quell’evento di storia locale, e dà la misura di quello che era il bisogno di chi affrontava il disagio di un lungo viaggio, le notti passate sotto le stelle, al riparo del carro sotto il quale veniva approntato un giaciglio. Spigolatori! Che consideravano una fortuna poter  riportare a casa qualche sacco di frumento ricavato dallo spigolare.

   Il "Cantu di li şcuġğhitura" apre e chiude la raccolta del CD "Contea di Modica". L’interpretazione è duplice. All’inizio Duccio Belgiorno canta accompagnandosi con la chitarra, alla fine del CD, Gino Carbonaro interpreta con la sua fisarmonica. 

   La musica è struggente. Le parole documentano la realtà dello spigolatore modicano. Un canto che lentamente si trasforma in una sorta di preghiera . 
      
   Ecco le parole in dialetto modicano e subito dopo tradotte:



Cantu di li şcuġğhitura (Canto degli spigolatori)

O şcòġğhiri ni`n’jemu assai luntanu,
partiemu tutt’anšiemi di lu çianu,
e pôi, si `voli `Điu n’arricampamu,
`cu lu frummientu ca n’arrichuġğhiemu.

Oh! şpica, şpica`rara, abbannunata,
ti cuoġğhiu cuocciu a cuocciu`pa`mmirnata,
tu runi pani a `tutta la famiġğhia,
pani suratu`pi`cu lu travaġğhia.

Oh! şpica, şpica `rara, ora ti cuoġğhiu,
e t’arricuoġğhiu a ştizzi comu l’uoġğhiu,
e `ti lausu comu a`nu ŧrisoru,
pirchí tu si’ prizziusa `ciú ` dii l’oru.

Cuannu lu friđdu a`niauŧri n’arriđduci,
tutti allampati e `senza ’n-cuocciu ’i luçi,
ni runi pani santu `pi şfamari,
pirchì lu voli `Điu lu şpiculari!

Traduzione
    
Per raccogliere (qualche) spiga abbandonata [7] ci rechiamo in terre lontane / Partiamo tutti insieme dal nostro altopiano [8]/ poi, se Dio vorrà, torneremo nuovamente a casa / con il (poco) frumento che abbiamo raccolto // Oh! Spiga, spiga rara, abbandonata / io ti raccolgo chicco dopo chicco per il nostro lungo inverno / tu dai pane a tutta la famiglia / pane sudato, per chi ne conosce il costo e la fatica / e ti tengo in serbo, come un tesoro / perché tu (spiga!) sei più preziosa dell’oro // Oh! Spiga, spiga rara, ora ti raccolgo / e ti raccolgo goccia a goccia come olio [9] / e ti conservo come si fa con un tesoro, perché tu (spiga rara) sei più preziosa dell’oro // Quando il freddo abbrutisce (la carne) e la rende insensibile / e non si ha la possibilità di riscaldarsi con un tizzone di fuoco / tu (oh spiga) dai pane santo per sfamare (la famiglia) / perché è Dio a volere che noi si possa spigolare!

(Vedi -->  Booklet del CD "Contea di Modica" Control Data, Wiesbaden, Germany

   Lo spettro che accompagna il contadino siciliano è quello della fame. Il periodo più triste dell’anno è l’inverno, lunghissimo (a-mmirnata) durante il quale i campi non offrivano nulla, ed era proprio quel sacco di frumento raccolto con fatica, che consentiva a “tutta la famiglia” di affrontare meglio la terribile stagione. Frumento prezioso. Chicco che equivale ad attimo di vita. Il canto chiude con una invocazione, che è atto propiziatorio rivolto alla “bontà” di un Dio che protegge lo spigolare come cosa giusta e buona, proprio per rendere possibile la sopravvivenza dei più poveri.


   Duccio Belgiorno canta impostando la voce così come aveva appreso dai carrettieri, che cantavano utilizzando come cassa armonica la zona nasale, concludendo la frase con una chiusa esplosiva. 
  Gino Carbonaro interpreta il canto cercando di rilevarne l’enorme tristezza, agevolato in questo dal triste suono della fisarmonica, che utilizzando il mantice in un particolare modo, offre la possibilità di cogliere il respiro, l’anima[10] profonda della Sicilia.    

Autori del Canto? Solo apparentemente  anonimi..

    Chi legge il testo poetico  registra subito che il "Canto degli spigolatori", costituito da quattro strofe di endecasillabi perfettamente  rimati e baciati non può essere composto da un contadino sprovveduto di letteratura. E non risponde a nessun modello poetico della tradizione culturale siciliana. 

    Molti si chiedono chi può essere stato  l'autore delle parole del  "Canto degli spigolatori".  In questa sede, noi riteniamo di poter avanzare "l'ipotesi" che autore del "Testo" possa essere  Raffaele Poidomani, colui che aveva portato avanti l'inchiesta sopracitata sugli Spigolatori di Modica. 

     Raffaele Poidomani per chi l'ha conosciuto, sensibilissimo ai problemi sociali, aveva percepito il dramma di questa  gente, aveva denunziato pubblicamente il disinteresse dei politici, che non recepivano questo problema sociale. E aveva, Raffaele Poidomani, la capacità di scrivere quei versi stupendi. E avrà ulteriormente racchiuso in questa sintesi poderosa e poetica quello che secondo lui era il dramma personale s psicologico di questa gente. 

      Va ancora evidenziato a sostegno di questa ipotesi il fatto che nel già citato articolo di Poidomani sugli spigolatori si possono evidenziare passaggi, parole, concetti e tensione emotiva che richiamano il canto e ne giustificano la provenienza.

      Può sembrare poco, quello che affermiamo, ma ne siamo perfettamente convinti. 
    
     Ora vediamo chi può essere l'Autore della musica? Qui, va detto che c'è sicuramente la mano di Duccio Belgiorno, perché è lui che l'ha proposta ai Tedeschi della Control Data, ed è ancora lui che ha composto "Li turchi mi pigghiaru alla Marina" e altri canti del CD "Contea di Modica".  Se ha composto qualche altro motivo, può aver composto anche "u cantu re scugghitura". Di certo, due concetti complementari. Tanto può essere dimostrato dal fatto che,  pur essendo il "Canto degli spigolatori" composto sul tono minore e su scala discendente (proprio della musica popolare siciliana) cionondimeno al terzo verso il canto fa registrare  un passaggio (introdotto sicuramente da Duccio Belgiorno) che va da  "la-minore a si-bemolle maggiore" (o, da re-minore a mi-bemolle maggiore) passaggio struggente, ma completamente  sconosciuto alla musica tradizionale siciliana. 
    
     Io chiesi a Duccio chi gli aveva fornito parole e musica del canto.  Mi suonò un nome che non compresi (ma, questo non può essere contestato) ma la musica è quasi certamente sua, se non altro la sua elaborazione e la sua struggente interpretazione.               


                                                               Gino Carbonaro 
                                                                                24 gennaio 2012

[1] Terra dalle “tre punte”.
[2]  Il canto è pianto
[3] Jolla, tubbiana, çhiôvu sono nomi di balli contadini. Il tempo è sempre 6/8, così come in molta musica tradionale scozzese e irlandese. I documenti musicali, suonati da Gino Carbonaro alla fisarmonica provengono dalla raccolta Alberto Favara, Corpus di musiche popolari siciliane, Accademia di Scienze, Arti, ecc. Palermo, MCMLII  
[4] Canto degli spigolatori.
[5] L’evento si registrava ancora sino alla metà degli anni Cinquanta.
[6] ’U capurali, era detto così il capo che tava il ritmo alla squadra di mietitori.
[7] Lu şcóġğhiri: l’atto dello spigolare.
[8] Lu çianu (il pianoro), è l’altopiano del modicano, ibleo.
[9] L’olio (uoġğhiu buonu) è percepito come qualcosa di sacro:  rarità e sacralità che vengono attribuiti alla spiga.
[10] In greco pneuma: πνεϋμα

Clay & Pottery Great discoveries of Minkind trad. Claire Thomson




Clay & Pottery in the History

di Gino Carbonaro

The progress of mankind is composed of an unbroken
chain of discoveries. Each new discovery has contributed to
improve his quality of life. Among the great discoveries of
mankind, there is fire. FIRE provided ancient man with the
means

to heat himself
to have light at night,
to cook food
to defend him from wild animals
to melt and mould metals.

Later, agriculture was another great discovery. Man
discovered that by planting a seed in the ground he could
reproduce food. Thus, he could control the reproduction of cereals, also vines, olive trees and other plants.
agriculture was born.
Before the discovery of Agriculture, nomadic man lived on
what nature spontaneously offered him: herbs, roots, fruits,
honey, hunting.
He had to explore to source food for survival.
With the discovery of agriculture, man learned to till the
soil and plant seeds; he was then forced to settle down in
order to protect and tend his plants and wait to harvest
them.
His production of wheat, barley, wine and oil needed to be
conserved. They required containers.

This need was satisfied by the discovery of clay and
pottery.
The first creation in clay was probably a figure in human
form, maybe a woman with a large posterior, indicating the
great need of abundance which means survival.

Primitive man believed clay held some kind of magic
powers, as it could be shaped into almost anything he had in
mind. Even today we often refer to the artisan who models
clay as “a creator”.
By mixing water with clay, man created his first bowl.
By putting it next to the fire he discovered that it dried and
hardened, becoming watertight /capable of holding liquids.
Even today, this simple object is still very popular with
potters, as it was also a favorite of Greek potters in the past,
who used to say to their students: "Learn to make a bowl
first! Then you will go forward".
After the bowl, other innovations followed. Urns shaped like
a large egg which could contain liquids.
These vessels were magnificent containers, capable of
holding oil, water, wine, cereals and protecting them from
the attack of rats, for example.
With clay, man also made lamps, pots, tiles, sarcophagus
and bricks for building houses.

CLAY, this pliable dough which could be shaped in the
form of anything man needed, started being used more
and more extensively. Without the discovery of clay and
the objects man created with it, agriculture could not have
developed as it has.
Interestingly, the development of agriculture is
responsible for the birth of our first human societies, and
this is because economies based on agriculture are also
based on cooperation between men.
Men who lived together needed laws, which needed to be
inscribed on some kind of support, on stone, on leather and

later on clay tablets.
Before that, for example, the Ten Commandments, the very
first laws we know of,
were inscribed on stone tablets.
The work needed to prepare the stone tablet and inscribe
was very laborious.
One thousand and seven hundred years before Christ,
the Assyrian King Hammurabi dictated further laws which
were then inscribed on layers of soft clay, simply by using a
sharpened point of cane. This replaced the laborious work of
chiseling stone.
The use of clay tablets shows the leap forward in civilization.
For that time in history, the discovery of clay as a support
for writing, can be compared to today's invention of
computers. To prepare a sheet of clay was perhaps easier
than it is to manufacture paper today.
Important books of ancient knowledge and legal deeds
of ownership were quickly written on clay tablets. Clay was
also used to make lamps, chairs, bricks, floor and roof tiles,
and all kinds of utensils such as plates, bowls, and so on.
Despite the discovery of plastic, all civilizations continue
to go through the "Age of terracotta".
Japan and Saharan African civilization made clay
artifacts fourteen thousand years before Christ. Since
ancient times, Chinese, Egyptian, Mayan and Aztec peoples
have used clay for different purposes.
The Great Wall of China, built by the first Chinese emperor
Qin Shi Huang is eight thousand, eight hundred and fifty
two kilometers long and ten meters high. It is entirely made
of large terracotta bricks.
The same Emperor also built an entire army of life-size
terracotta soldiers and horses to protect him in the afterlife.
Many Assyrian-Babilonese bas-reliefs and Roman theatres,
like the Taormina theatre in Sicily, are made of clay.

The immense production of vases and urns of the Aegean-
Cretan civilization was developed in the southern part of
Sicily by the Greek occupation, five centuries before Christ.
From ancient times, clay has been used for
pharmacological purposes and today it is widely used in
homeopathic medicine.
There is something magical and sublime about clay for
both the primitive man and also for the potter of today.
The relationship between man and clay is not the same as
that between man and stone. The sculptor is forced to use
metal tools to engrave stone. The relationship man-stone is
a battle.

On the other hand, the relationship man-clay, is an act of
love, a warm and sensual hand-made experience, without
battling. Clay simulates the best part of life. The possibility
of gently molding, with love, to materialize and shape an
idea which comes from within the creator of all the existing materials, clay is the most
loved. According to the old Testament, God chose clay to
create Adam and Eve. God first modelled his creation, then
He gave it the breath of life.
Perhaps every time the potter models clay he re-lives the
moment of divine creation.
 
Gino CarbonaroTraduzione in inglese Claire Thomson