Premessa e
glossario
su
Ebraismo,
Cristianesimo e Islamismo
Ragusa,
1 marzo ’03
Lucas carissimo,,
Mi hai chiesto la conferenza su
Giudaismo, Cristianesimo e Islamismo. Mi scuserai il ritardo, ma quando mi sono
apprestato a stamparla mi sono accorto che i fogli avevano bisogno di una
diversa sistemazione. Così, non appena ho potuto, ho riletto, tagliato,
risistemato facendo precedere il tutto da questa lettera introduttiva nella quale
spiego a te (e a me stesso) cosa cercavo nella conferenza che ho fatto.
Però, rileggendo l’introduzione ho pensato di aggiungere
alcune considerazioni a quanto ho scritto nella Conferenza che ti sto inviando
incompleta, perché manca la parte più importante: quella relativa alla
religione islamica per la quale ho approntato invece un “Vocabolarietto
essenziale” che è bene leggere prima.
1. Bibbia. Il
termine deriva dal greco (τά βιβλία =
libri) e vuol dire raccolta di libri sacri. La
Bibbia è il libro sacro degli Ebrei e dei Cristiani. Si divide in “Antico
Testamento” (dettato prima della venuta di Gesù) e Nuovo Testamento (che
comprende il Vangelo, gli Atti degli Apostoli, le Lettere degli Apostoli,
l’Apocalisse di S. Giovanni). La Bibbia è un libro che contiene
informazioni di storia, etica, diritto, filosofia, religione.
2. Pentatèuco.
Gli Ebrei avevano come punto di riferimento per la loro religione il
“Pentateuco” [1] cioè i primi
cinque libri della Bibbia (Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronòmio)
che la tradizione attribuisce a Mosè (dettato fra il XV e XIV sec. a.C.) per
gli Ebrei il Pentateuco è la Tōrāh (=
la Legge) proprio
perché questi libri contengono le Leggi cui tutti gli Ebrei devono sottostare.
Nella Tōrāh si trovano i Dieci Comandamenti.
Prefazione per Lucas
Nell’argomento
in questione sono entrato con rabbia subito dopo l’11 settembre 2001. Volevo capire
le reali differenze fra Giudaismo, Cristianesimo e Islamismo: e, soprattutto,
se all’interno di una religione che fa muovere miliardi di prosèliti [2]
(il riferimento va alla religione musulmana) poteva essere contenuto un
messaggio che esortava i fedeli al concetto di guerra contro gli infedeli (i
cosiddetti kafìr) e nella eventualità che questo concetto fosse
contenuto per davvero nel Corano avrei voluto valutarne la valenza.
Il
sospetto a quanto detto derivava dal fatto che subito dopo la morte di Maometto
nel 632, gli Arabi avevano dato il via ad una guerra di conquista (Jihād =
Guerra Santa). Avevano attaccato a tenaglia l’Europa e nell’arco di soli
cento anni avevano conquistato tutta l’Africa settentrionale e la Spagna
meridionale ad Occidente;[3] Palestina, Giordania, Libano, Siria, Iraq, Turchia,
Iran e parte dell’attuale Pakistan, dall’altra. Sino ad allora, non c’erano
stati popoli che avevano combattuto e ucciso nel nome di un Dio.
Per
quanto sopra, la mia ipotesi segnava una linea di demarcazione fra
Cristianesimo e Islamismo; Cristo aveva detto agli apostoli: “Andate e predicate”,
e per questa predicazione era stato ucciso; Maometto, invece, difende con
le armi la sua vita e sembra ordinare ai suoi fedeli: “Andate e conquistate
nel nome di Allāh” o peggio ancora: “Andate e uccidete chi non si
converte”; in realtà il corano prevede l’impegno del fedele “a
combattere sulla strada di Dio, cioè la guerra santa contro il mondo degli
infedeli o di Satana (jihād)”.[4]
La
storia registra ancora che Maometto, fuggito dalla Mecca a Yathrib-Medina[5] nel
622, era poi ritornato nella città Santa, alla testa di un esercito,[6]
ed è scritto che Maometto combattè nell’arco di otto anni svariate campagne
militari contro i Meccani e contro i Beduini del deserto, sempre con la spada
in mano e alla testa di un esercito; ed è il Profeta che ordina la uccisione di
seicento ebrei medinesi, colpevoli di non aver voluto riconoscere in
Maometto il profeta di Dio. [7]
Questo uso delle armi, diciamo
indiscriminato, anche se funzionale al raggiungimento di un obiettivo, mi
lasciava delle perplessità sul reale pacifismo di questa religione che accetta
con fastidio, perlomeno in questi ultimi anni, chi non adotta l’Islam.
Così,
cominciai a rileggere il Vecchio Testamento, il Vangelo, e,
ovviamente il Corano, diciamo le sure [8]
fondamentali, con l’ausilio di un dizionario speciale che trattava il Corano
per argomenti, e consentiva di navigare nel libro sacro dell’Islam in maniera
agevole.
Ovviamente, ho letto, sempre
sull’argomento gli articoli che ho trovato in materia, e, dopo l’11 settembre,
su quotidiani e settimanali il materiale non mancava. Il tutto supportato
ancora da una ricerca su internet, per verificare i vari punti di vista, e i
siti arabi, soprattutto in inglese.
Rilessi
ancora il Cristianesimo di George Foot
Moore, un libro che avevo apprezzato moltissimo quando ero
all’università, ma solo sei mesi fa ho letto l’Islamismo, altra interessantissima
opera dello stesso autore.[9]
Ultimamente, ho letto il Maometto di Hartmud Bobzin, e Bin Lade
in Italia di Magdi Allam. Infine ho riletto i Vangeli apocrifi, [10]
gli Atti degli Apostoli, oltre a svariate altre monografie su Maometto.
Il pericolo di una simile ricognizione (e
confronto) nel mondo minato delle religioni era determinato dalla
“prevenzione” o “pregiudizio” ai danni della religione islamica, anche se io
non ho avuto mai prevenzioni nei confronti di nessuna religione e tanto meno
nei confronti di una religione monoteistica che dice di ispirarsi al Vecchio
Testamento e a Gesù.[11]
Le conclusioni della mia indagine, purtroppo, mi faranno rilevare aspetti
positivi, ma anche interpretazioni che oggi sono molto discutibili.
Appendice alla prefazione
(La lettura di questa parte non è necessaria al fine
della conversazione sulle religioni. Dunque, la si può saltare).
Nella ricerca
ho tenuto conto di un concetto che attiene allo strutturalismo; in
pratica ogni elemento fa parte di una struttura all’interno della quale ogni
evento acquisisce un significato. La religione ebraica, il Cristianesimo e
l’Islamismo non possono essere decontestualizzati; devono essere letti come espressione
del momento storico nel quale sono stati prodotti. Così, prima di parlare
dell’Ebraismo ho ritenuto necessario fare una ricognizione storica dei fatti,
da quando Abramo portò via la sua tribù dalla terra di Babilonia. Così, per
capire il Cristianesimo era necessario capire la situazione storica e religiosa
all’epoca di Gesù; lo stesso valeva per l’Islamismo di Maometto. Ho altresì
tenuto conto del principio che…
“tutte le religioni sono fondate su un presupposto: che
l’uomo continuerà a vivere dopo la morte. Vivere in un “determinato modo” su
questa Terra è necessario per meritarsi l’immortalità nel benessere”.
Le religioni, dunque, nascono per
saturare un bisogno dell’uomo che si sente:
a.
in balia di un Potere non definibile,
che ha deciso il “dover-vivere” e il suo “dover-morire”. Difatti,
b.
tutti i popoli del mondo registrano uno
spazio-tempo dedicato alla religione, a una o più Entità che si ritiene
abbia/no un potere di vita e di morte sul creato. Entità che bisogna
propiziarsi, tramite le ritualità e la fede in una “particolare” religione per
propiziarsi i favori di chi detiene il potere assoluto del creato. La propiziazione
interessa
- nel presente, mentre si è in vita,
e
- nel futuro quando si continuerà a
vivere dopo la morte.
Nel presente, si prega la divinità
sconosciuta e invisibile per propiziare il bene e tenere lontano fame,
schiavitù, malattie, sofferenze, in una parola, ciò-che-reca-male. [12]
Nel
futuro, in quanto tutti i popoli del mondo – si è detto - ritengono che la vita
debba continuare dopo la morte, perché “Chi-ha-creato-la-vita” di ogni
singolo, non può (per la contradizion che no’l consente) distruggere sua
sponte [13] ciò
che ha creato. Nessuno, a questo mondo, costruisce una casa o un formicaio con
l’obiettivo di distruggerli; non può, dunque, il Creatore far morire ciò che ha
creato. Dunque, Chi ha dato la vita farà del tutto per far continuare a
vivere per sempre le sue creature. Anche dopo la morte. Insomma, per tutti gli
uomini del mondo (o quasi) la vita non può finire, e “Chi” ha realizzato
questo miracolo e creato questo Universo “può tutto e il contrario di tutto”,
anche rendere possibile l’impossibile ..
D’altro canto, tutti ci rammarichiamo
per il fatto che dobbiamo morire e siamo perciò affezionati al sillogismo inconscio che recita così:
- Tutti i morti continuano a vivere
nella memoria di chi resta. (Premessa maggiore del sillogismo)
- Se vivono in noi, significa che
non sono morti. (Premessa minore del sillogismo)
- Ergodunque,
continuano a vivere in un altro mondo e con altra natura.[14]
(Conclusione del sillogismo)
Certo,
la continuazione della vita dopo la morte (ma a me basta quello che ho
avuto) potrebbe farmi piacere, soprattutto perché potrei rincontrare tutti
miei amici che sono andati via in modo tragico e potrei manifestare nuovamente
il mio affetto per loro. Mi piacerebbe rivedere e parlare con Lewis, il mio figlio
morto, riprenderlo in braccio e addormentarlo se questo si usa ancora
nell’aldilà. Avrei, chissà, la possibilità di assistere a qualche lezione di
filosofia da parte di Socrate, potrei intervistare Platone, e certamente potrei
vedere mio padre e mia madre camminare abbracciati sulle nuvole, e infine
potrei assistere alle megaconferenze che tiene periodicamente il Creatore per
spiegare tutto ciò che nella vita non siamo riusciti a capire in questo mondo (e
non è poco!).
Insomma,
l’aldilà è sicuramente allettante; e se le religioni promettono un
paradiso pieno di lusinghe e di piaceri, è certamente vantaggioso adottare le
religioni che offrono di più.
L’altro concetto che ha pilotato le mie
riflessioni è il fatto che non è corretto vivere il presente in funzione di questo
ipotetico futuro nel quale ognuno di noi, una volta trapassato, dovrà essere esaminato
per avere un voto ed essere promosso per andare in Paradiso. Nessuno dovrebbe
essere portato ad agire bene solo per timore di una punizione o di un premio
futuro. Se tanto accade, il nostro comportamento ci pone sullo stesso piano dei
bambini che ubbidiscono al genitore solo perché hanno ricevuto un ordine, ma
senza essere riusciti a capire il perché di quel comando; e certo, per timore
di una sanzione.
Purtroppo,
questo comportamento da parte dei fedeli o credenti è quello che si registra
nella maggior parte delle religioni, ma questo accade solo quando non si è
cresciuti e si rispettano i comandamenti (quando si rispettano) per
timore delle sanzioni.
Sarebbe
auspicabile, invece, che ognuno di noi li rispettasse “non” perché le legge in
un libro che detta legge, ma perché sono dettate dal nostro Io morale.
Infine,
rileggendo il Pentateuco, sembra chiaro che le religioni nascono
“all’inizio” come sistema di leggi dettato da una logica
super-umana (che sta al sopra ogni singolo uomo) che non appartiene a
questo mondo: difatti, si dice “dettata da Dio” o da chi riceve illuminazione
di Dio.
Come
sistema di leggi (o codice), ad ogni singolo non è chiesto di credere, ma
di ubbidire.[15] Ed è il
principio che ritroviamo nel Giudaismo e nell’Islam, ma non nel Cristianesimo.
Tanto
è suffragato dall’etimo della parola religione, che contiene in sé il
concetto di ri-legare, di tenere uniti, attaccati, amalgamati fra loro i
popoli. Tale era la funzione della religione giudaica ai suoi primordi:
impartire ordini che servono a mettere ordine. Sistema di leggi
da rispettare facendo appello non alla coscienza di ognuno, ma all’autorità di
Dio.
Leggendo
il Vecchio Testamento, ho notato un fatto che non è messo in grande rilievo
negli studi biblici: mi riferisco alla rivoluzione copernicana operata nel
corso dei secoli dai Profeti (Isaia, Geremia, Baruc, Malachia, ecc.) Il
Dio che si ritrova nei Salmi è cosa ben diversa dal Dio del Pentateuco.
Quello dei Profeti è un Dio al quale gli uomini pongono domande terribili: “Perché
esiste il male? Perché esiste il dolore? Perché Dio ci lascia soli con
le nostre sofferenze senza intervenire?” Su questo leit-motive procede il
libro di Giobbe. Ed è logica che è impensabile nel Pentateuco.[16]
Il
fermento del Cristianesimo discende proprio dal messaggio dei Profeti,
messaggio che Sadducei, Farisei e maestri della Legge ebraica non consideravano.
Gesù, invece, conosce molto bene quel messaggio e scopre che le leggi (le
vere leggi) Dio le ha scolpite nel nostro animo. Basta fare appello
all’onestà e all’intelligenza fatte fermentare con un pizzico di altruismo e di
amore che dissolve ogni possibile egoismo.
In qualunque messaggio religioso è,
comunque, nascosto un rischio: il quotidiano scivolamento nella forma senza sostanza,
al nulla che ha un’apparenza, a ciò che è senza-essere. Un paradosso che
alimenta di niente la nostra vita e atrofizza la coscienza. Il rischio di una misinterpretazione
è insito in tutto ciò che si formalizza, sia essa un’associazione, come anche
una religione che nell’istituzionalizzarsi può uccidere la sostanza, e invece
di guardare al contenuto, guarda alla forma.
Formale
era al tempo di Gesù l’interpretazione della Legge (e della religione) per
Farisei e Sadducei. Tanto è accaduto anche, e da tempo, nella religione
cattolica: “Quando il dito indica la luna, i furbi guardano il dito!”
Così,
dalle letture pervengo ad un’altra considerazione: che la grande rivoluzione
religiosa è stata fatta da Gesù, che costruisce la sua filosofia religiosa
prendendo coscienza del fatto che non è possibile essere nel giusto e stare a
posto con la coscienza vivendo in mezzo alla sofferenza. Nessun rito e nessuna
abluzione può lavare la nostra anima.
L’azione
di Gesù si muove su direttive maestre:
·
insegnamento-predicazione-ammaestramento
che indica la retta interpretazione del messaggio biblico;
·
attacco indiscriminato (e rischioso)
contro il formalismo farisaico;
·
sostegno morale e materiale ai
bisognosi;
·
appello alla coscienza di ognuno di
noi.
Il
nocciolo del messaggio evangelico, semplice e immenso allo stesso tempo, lo
trovo in due parabole: quella dell’Adultera,[17] dove
Gesù invita a non applicare la Legge seguendo aberranti rapporti di
causa-effetto; e in quella del Buon Samaritano,[18] in cui
Gesù invita gli uomini ad aiutare i propri simili, anche coloro da cui hai
subito offese. Modelli che non si ritrovano in natura e che attengono alla natura
umana o super-umana, se si vuole. E’ qui che affiora chiaro l’asse su cui
poggia il Cristianesimo:
Ama
il tuo prossimo come te stesso.
Amore
che di volta in volta è dedizione al lavoro, rispetto degli anziani,
disponibilità per chi ha bisogno di aiuto, protezione dei deboli e di quanto
appartiene al creato, ricerca di armonia spirituale.
Dopo
Gesù chiunque può essere portato a ritenere che Maometto possa essere andato
“avanti”, così come lui sostiene. Io stesso, cominciando a leggere il Corano,
pensavo che Maometto potesse essere una specie di S. Francesco d’Assisi.
Invece,
leggendo il libro sacro dei musulmani, mi imbatto in un nodo:
·
l’Islamismo mutua dal Pentateuco il
concetto base di religione fondata sul “tu devi obbedire in maniera incodizionata
alle leggi dettate da Dio al suo Profeta” senza porti e senza porre
domande.
·
Maometto, anche se non lo confessa
apertamente, non ha letto [20]
il Vangelo, e se qualcuno gliel’ha letto, non l’ha capito; nel Corano non c’è
mai apertura al concetto di amore per il prossimo, ma di misericordia per chi
si converte, così come ci sono continui ritorni al concetto di giustizia, cui
si perviene con punizioni esemplari. Se il marito tratta bene la moglie o i
figli è solo perché, a immagine di Allāh, è un uomo giusto e misericordioso.
Da notare, infine, che
·
dai Dieci Comandamenti della Tōrāh, Maometto eliminato il quinto: “Non
uccidere”, che nel Corano diventa: “Non uccidere i tuoi figli”. Il
principio (quello di non uccidere i bambini) segna un passo importantissimo
nella cultura araba del tempo, dove l’infanticidio era molto praticato,
soprattutto in relazione alle figlie femmine; ma segna, al contrario, un passo
indietro nei confronti della Legge mosaica, dove, malgrado l’ordine di non ammazzare
inserito nei Dieci Comandamenti,
l’omicidio esiste sotto forma di lapidazione (sino a che morte non
sopraggiunga)[21],
ma solo nel caso di peccato mortale (adulterio, non rispetto del
sabato, ecc.); ma, attenzione! Il fatto che il Corano non ordini di
non uccidere, segna, secondo me, un regresso nei confronti del messaggio
evangelico che, si è detto, il Corano disconosce.
·
In ogni caso, Maometto doveva, per
coerenza, sorvolare sul quinto comandamento, dal momento che lui stesso aveva
dato ordine di uccidere i 400 ebrei di Yathrib-Medina che avevano rotto
una Alleanza secondo alcuni biografi di Maometto, ma che rifiutato di rinnegare
la loro religione e di accogliere la sua, secondo altri.
E’ chiaro, che la
coppia di concetti “progresso-regresso” sopra riportati, sono collegati
alla mia cultura e alla mia personale gerarchia di valori; ma è altresì chiaro
che io non posso guardare a questa religione come fa un musulmano. Io non
guardo gli aspetti positivi che pure sono innegabili, ma guardo a quello che
potrei aspettarmi da un musulmano che mi percepisce come kafìr.[22] Guardo
ancora al fatto che Maometto ha diffuso la propria dottrina anche “con la
spada”, cioè con la violenza e con il terrore, evitando espressamente qualsiasi
dibattito di fede. A nessuno è consentito dibattere la parola di Dio.
Infine, a tracciare
una linea di demarcazione fra Cristianesimo e Islamismo basterebbe fissare i
principi fondamentali delle due religioni.
·
Per il Cristianesimo, l’imperativo
categorico è di carattere etico:
Ama
il tuo prossimo come te stesso
·
Per l’Islamismo l’imperativo categorico
è un atto di fede:
Non
dare compagni ad Allāh
e
Maometto è il suo messaggero
da cui discende, in senso stretto la
“professione di fede” (shahāda) del musulmano, e in senso lato l’impegno
che il musulmano assume di essere disposto a morire anche nella “guerra santa” (jihād);
colui che cade in guerra è detto martire (shahīd) testimone della
fede, e andrà in Paradiso.
Proprio alla luce di
questi principi, le due religioni si pongono in due piani diversi, così come
spero di essere riuscito ad evidenziare nelle pagine che ti trasmetto. Il
propendere per l’una o per l’altra è un fatto culturale.
Un abbraccio
Gino
P.S. Al momento ti trasmetto solo le prime due
parti: quella riguardante il Giudaismo e il Cristianesimo. L’Islamismo in
seguito. Spero presto. Troverai, subito delle ripetizioni. Non ho avuto tempo
per eliminarne, ma mi pare si tratti di una storia degli ebrei, erroneamente
rifatta. Spero non ti faccia annoiare. I latini sostenevano "Repetita iuvant!"
[1] Il termine è greco: Pente (πέντε) = cinque + Théke (θήκη) = teca, cassetta che contiene i libri.
[2] Prosèliti: seguaci.
[3] Nel 732, a
cento anni esatti dalla morte di Maometto, gli Arabi, che avevano superato i Pirenei
e si apprestavano ad invadere la Francia; vengono però bloccati da Carlo
Martello, nonno di Carlo Magno, nella famosa battaglia di Poitiers (732).
Qualcuno ritiene che, se gli Arabi non fossero stati fermati, sarebbero
giunti a Roma, e oggi, con buona probabilità noi saremmo musulmani e parte
della ummāh, la comunità religiosa islamica.
[4] Le parole coraniche (“Al-jihād fī sabīl
Allāh”) sono più dolci, ma l’impegno è quello di combattere contro quelli
che non hanno la stessa fede. (Hartmut
Bobzin, Maometto, Einaudi, p.88).
[5] Yathrib.
Il 16 luglio 622 (anno dell’égira, espatrio, fuga) Maometto fugge dalla
Mecca e si rifugia a Yathrib. Da questa data ha inizio l’era musulmana e la
conta degli anni; Yathrib, ora città santa come la Mecca prenderà il nome di Medina,
che vuol dire città del Profeta.
[6] E’ da rilevare
lo stratagemma usato dal Profeta per entrare alla Mecca e sconfiggere i suoi
abitanti. Nel 622, Maometto si trasferisce a Yathrib per continuare la sua
predicazione; nel 623 ritorna in pellegrinaggio alla Mecca durante il Ramadan;
in questo periodo, ritenuto sacro per antica tradizione, tutte le tribù arabe
deponevano le armi e cessavano di combattere. Andando alla Mecca, dove visiterà
la tomba della prima moglie Khadìjia, Maometto non temeva di essere preso
prigioniero. Nel 624, il Profeta arma un esercito, ed entra in forze nella
Città Santa, attaccando i Meccani che non si aspettavano di poter essere
attaccati. Questo episodio è conosciuto bene dai musulmani, i quali hanno
spesso dibattuto se si può combattere o meno nel periodo del Ramadan, dal
momento che Maometto lo ha fatto.
[7] All’epoca,
Medina era abitata da un forte nucleo di Ebrei che all’inizio avevano
sottoscritto una alleanza militare con Maometto contro i meccani. Il Profeta
riconosceva che il suo Dio altri non era che quello ebraico e pertanto avrebbe
essere voluto riconosciuto dagli Ebrei nel suo ruolo di Profeta. Al diniego
degli stessi nel volerlo riconoscere, Maometto decretò la loro uccisione e
persecuzione: le donne i bambini furono venduti come schiavi. Da quel momento
Maometto perseguitò tutti gli Ebrei che si trovavano in Arabia. La controversia
è riportata da tutti i testi che parlano di Maometto (vedi la voce: Islām,
Enciclopedia delle religioni, Garzanti, 1989).
[8]
Sure. Sono i capitoli del Corano,
alcuni sono molto lunghi, altri molto brevi. (vedi “Glossario”)
[9] George Foot
Moore è vissuto in America a cavallo fra l’Ottocento e il Novecento. È
stato minister presbiteriano per alcuni anni, docente universitario di
storia delle religioni, e scrittore di ottimi studi sempre sulle religioni.
[10] Vangeli
apocrifi. Sono vangeli non riconosciuti dalla Chiesa, ma sono molto
interessanti. D’altro canto è qui che si possono conoscere i parenti di Gesù e
la storia della sua infanzia oltre alla la storia relativa al suo arresto e al
suo processo.
[11] Maometto non sapeva leggere e quasi
certamente nessuno gli lesse mai il Vangelo. Tanto è lecito affermare in quanto
i riferimenti a Gesù nel Corano sono pochissimi e tutti generici.
[12]
Anche il Padre Nostro cristiano segue questo schema: il Padre Nostro sta
nei cieli, e lo si “prega” di fornire il pane quotidiano, e di essere liberati
dal male.
[13]
Di propria volontà.
[14] Ma, se così fosse, qualcuno
povrebbe addivenire al fatto che, dopo la morte, dovrebbero continuare a vivere
in un felice aldilà, non solo gli uomini, ma anche le formiche, i cani,
le lucertole e quanti esseri viventi passano su questa Terra.
[15]
“Di tutte le norme e prescrizioni contenute nella legge mosaica, nessuna dice: “Tu
devi credere, ma tutte dicono tu devi fare”, cioè, tu devi ubbidire. Moses
Mendelssohn (1729-1784)
[16] Il Pentateuco
comprende i “primi” cinque libri della Bibbia: Genesi, Esodo, Levitivo,
Numeri, Deuteronomio. E si dicono dettati da Mosè 1400 anni prima di Cristo.
Questi libri contengono la Storia del popolo ebraico, ma anche leggi e norme
etiche e civili. Si trovano qui i Dieci Comandamenti. La logica del Pentateuco
e quindi della religione è diversa da quella che si riscontra nei Profeti, altra
parte della Bibbia.
[18]
Luca, 7, 25
[19] Tōrāh: gli Ebrei chiamano così i
cinque libri del Pentateuco: Tōrāh = la Legge.
[20] Maometto non sapeva leggere.
[21] Deuteronomio, 17, 5.
[22] Infedele
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