Regìa di Vittorio Rubino
La Cantatrice Calva
di Eugène Ionesco
8 maggio 2015, ore 21:00
Teatro Italia Scicli
di Gino Carbonaro
Vittorio carissimo, nella vita si lavora per noi (e, forse, soprattutto per gli altri). E sono certo che Vi piacerebbe avere informazioni di ritorno sul lavoro che avete appena messo in scena.
In apertura ti faccio i miei sentiti e sinceri complimenti per la mise en scène de “La cantatrice calva” di Eugène Ionesco. Mi è piaciuto tutto. Scenografia (musica e luci) per cominciare: essenziale, fine quanto basta, equilibrata, funzionale. Un quadro di pittura. Bello il decoro del sedile che si accordava con il knitting della prima protagonista. E ancora, quell’orologio posto al centro della scena a segnare un tempo inutile. Affascinante ancora il suono da “Big Ben”.
Poi l’inizio, classico, ben sviluppato, ben recitato, con sei attori di uguale forza e capacità che non entravano in dirittura di collisione fra loro, mentre tutto lascia intuire che la scena si svolge nei dintorni di Londra. Dunque l’atmosfera deve come atto dovuto essere inglese.
Per chiudere questa breve impressione devo dire che il livello della commedia è altissimo. Avresti potuto portarlo a Milano, a Parigi, ovunque nel mondo.
Osservazioni
Per affrontare questa commedia, è necessario però capire il messaggio che essa trasmette. La Cantatrice Calva è un perno su cui ruota la storia del teatro. Niente commedia dell’arte con attori che vestono ruoli, niente “Così è, se vi pare” di pirandelliana memoria (forse), soprattutto è tema che mette in crisi ricerca teatrale e filosofia ufficiale. Qui, lo spettatore è messo in crisi nell'ascoltare parole eleganti e conosciute che però non dicono niente. Un vuoto torricelliano delle menti e degli animi. Apparenza che ricopre un vuoto. Una vita che sembra un vuoto a perdere.
Realtà che svanisce e si consegna a un sorta di sogno, onirico, dove tutto si vive ritenendo che tutto sia vero e importante, mentre si tratta di pure banalità . In realtà, ognuno degli attori parla per sé del nulla, mentre il vero protagonista è il linguaggio e il non-essere delle cose che il linguaggio riporta.
Se questo è il "contenuto" di questo mondo surreale, gli attori non possono caratterizzarsi nei ruoli. Il capitano dei vigili del fuoco è un simbolo, un uomo che cerca il fuoco là dove non si può trovare, la cameriera esiste, ma come status-simbol anch'esso per una famiglia che ritiene di ricoprire un ruolo nella scala sociale.
Sotto questo profilo, la commedia diventa importante per il suo contenuto “filosofico”. Difatti, vengono elencati i non-valori della vita, le parole soprattutto (e gli aggettivi) e anche gli incontri con amici, e il nulla quotidiano che si dissolve sotto l'attacco della logica che vorrebbe capire.
Se le cose stanno come abbiamo appena affermato, è chiaro che il protagonista della prima coppia (ancora in vestaglia) non può (e non deve) arrabbiarsi, come ha fatto per il ritardo della seconda coppia. Lui “può” far notare il ritardo di quattro ore degli ospiti, ma con stile, in buona forma, secondo gli inviolabili principi della “polite-conversation” britannica. Ne discende che la cameriera (bravissima) avrebbe dovuto rientrare nel ruolo troppo definito (da commedia dell'arte, quasi), diciamo che avrebbe dovuto raffreddarsi, e un pochino avrebbe dovuto rallentare la velocità anche il vigile del fuoco. A questa commedia non servono bravure ed esibizionismi di attori, ma solo maschere parlanti, ma che parlino bene… di niente, come di fatto è stato.
Queste le mie considerazioni in merito, mentre non riesco a commentare le scene sessuali al buio. Non ricordo cosa scrive Ionesco in quella parte della sua Commedia.
Un abbraccio, mio caro Vittorio. Siete stati "tutti" bravissimi. E come regista, uno dei migliori. Divertitevi e tanti auguri,
Gino Carbonaro
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