2020/09/05

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Viaggio nel Tempo 

Giorgio Carbonaro

                                                                            di Gino Carbonaro


Commmento di Silvia Cecchi


Carissimo Gino,


Ti scrivo con ritardo, non solo per il mio tempo feriale da pochi 


giorni iniziato, ma perché mi sono presa il tempo di godere il 


tuo libro che mi ha commosso, e in questo stato d’animo, ora 


che l’ho appena riletto nell’ultima parte, ti scrivo. 


La vita è sempre intensa e bella”, 


se l’Universo ha creato qualcuno che guarda 


l’Universo”(bellissimo).  Non sono nata povera, ma ho lavorato 


per tutta la vita  e sto lavorando ancora come un mulo, forse per 


il sentimento recondito di dovere questo tributo alla vita-dono, 


ho anch’io il culto di una povertà di fondo, forse perché so che 


in questa povertà assoluta si trova anche l’anima quando pensa 


in modo radicale, forse perché l’amore a cui vorrei tributare a 


modo mio la mia vita è figlio di “penìa” (povertà) come dicevano 


i greci, e perché siamo tutti, quando non materialmente 


spiritualmente, uomini e donne del bisogno, della 


mancanza,  ben più che figli dell’agio e dell’abbondanza.



Anche il mio ‘comunismo’ di fondo (che parola antica e 


complicata oggi!)  è avversione per il privilegio, e una scelta 


dalla parte dei poveri, dell’ingiustizia e della ‘speranza di 


riscatto’, come per tuo nonno. Figura bellissima, che nelle 


poche parole dette nella vita ti ha trasmesso il sentimento di 


rifiuto e disprezzo per la follia crudele della guerra e il potere 


del sorriso e dell’amore (“Çiàmma”!).



Anch’io nella vita ho avuto due o tre incontri come il 


tuo (vostro) con il taxista di Londra. Ero sola con mia figlia, in 


viaggio. Una volta a New York, un’altra volta a Reims (la terza 


volta ora non mi torna in mente). 



Nel nostro lessico madre-figlia li chiamiamo i nostri angeli 


anonimi. 



L’apparato fotografico è di eccezione, sia rispetto ai 


luoghi p.21: la casa del nonno ‘non più grande di un nido 


d’uccello’, p. 24) sia per i volti, sia per i meravigliosi oggetti 


scomparsi. Direi un museo fotografico e testimoniale che merita 


di essere conservato come un tesoro d’archivio.



La tua scrittura ha un’essenzialità, un tuo stile concreto e carico 


di sentimento, che comincio a individuare come il tuo stile del 


tutto personale. Non so quanti oggi abbiano il coraggio di 


parlare un linguaggio così  aderente alla vita nella sua 


espressione essenziale ed elementare.



La tua mitezza, dote del tuo carattere che tu riconosci anche al 


tuo nonno Giorgio, e la tua gratitudine alla vita nonostante 


tutto, sono  una grande lezione per me, un insegnamento ad 


essere anch’io nella vita ‘mite nonostante tutto’ e sappiamo 


entrambi, se non di cosa parliamo, che cosa intendiamo dire.


Auguriamoci di vederci presto, un grande abbraccio a te,


Silvia






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