2018/02/27

Bonsai Iblei: Bon-sek-i

Bon-sek-i
Il silenzio delle cose morte

di Gino Carbonaro




Questo passatempo, bruciatempo, solitario, mi toglie un poco di testa ogni volta. In realtà è come se viaggiassi in un mondo che non conosco, un viaggio come quello fatto da Alice nel paese delle meraviglie. Stamattina sono uscito per annaffiare, vedo un'erba "fitenti", verde scura, brutta, inutile, infestante, la tiro fuori dalla terra per pulire il terreno, la sràdico, e ne viene fuori una radice biancastra, che, capovolta,  è un albero da fiaba, da paese di lilliput: un piccolissimo albero che vive capovolto in un mondo buio, ktonio (sotterraneo, in greco) e ha una bellezza che nessuno conoscerà mai. Difatti, in passato non ho mai avuto occhi per vedere, né mente o cuore per apprezzare. L'ho presa questa radice-albero, l'ho capovolta, l'ho guardata in controluce, mentre la tenevo con cura e amore come fosse stata una cosa preziosa. 

Ma, i significati che lei inviava a me erano immensi. In questa piantina leggevo il messaggio della vita, il mistero delle cose, la sua infinita e delicata bellezza, e la ottusità mia di quando, in passato, non avevo visto né capito; di quando sentivo il diritto "morale" di distruggere ogni erbetta inutile, perché indifesa. In quella radice assetata di vita, io ho colto un messaggio che veniva da molto lontano, dal profondo degli spazi siderali, dal cuore dell'universo, ma era già scritto nel fondo della mia anima: ed era l'energia che penetra le cose. 

In quel momento ho sentito che quella radice era  mia sorella di vita, amorevolmente disposta a darmi tutta se stessa. Sono entrato in casa, le ho fatto il bagno, e l'ho sistemata come una sposa in un piccolo foro di una piccola pietra arenaria piatta. Ho studiato l'altezza del fusto e l'ho incollata. Forse era nata una nuova vita, forse anche questo bon-sek-i parlerà a colui che sa comprendere la sua lingua. Nel piccolissimo è chiuso il mistero delle cose.
Il nome Bon-sek-i è giapponese e vuol dire 

"Il silenzio delle cose morte" 

Il concetto è sottile e dice molto sulla finezza mentale e spirituale dei giapponesi.

Io l'ho modificato un pochino e ne ho fatto una specie di anagramma. che prende il primo fonema da Bon-sai, il secondo fonema ("sek") tradùcilo "secco" , mentre la "i" è iniziale di Ibleo. Dunque, Bonsai-secchi-iblei, per ricordare la comunione fra la pietra calcarea e le piante delle nostre montagne. Ma il concetto vuole cogliere in versione iblea lo Zen, l'essenza, quella sorta di essere-senza-essere che è l'anima dell'Universo.

A me pare che siamo sulla giusta strada: un divertimento nobile questo bon-sek-i che ti prende per mano e non sai dove ti porta. 

Il bello, il buono, il puro, l'armonia, il mistero, il piccolo e l'immenso, la morte delle cose  e la vita, sono contenute in quel pezzo di legno-legno, pietra-pietra, legno-pietra.

1 commento:

  1. Bell'articolo. Bel passatempo. Bellissime le tue composizioni d'ispirazione nipponica. Meriterebbero una mostra in una galleria d'arte di New York, o continuare nel loro modesto saggio silenzio. Un aspetto che non hai menzionato è la fragilità di queste tue composizioni, inoltre l'articolo meriterebbe qualche foto dei tuoi capolavori di silenzi. Ricordo la loro fragilità perchè ogni volta che ero tentato di portarmene uno in Scozia, mi sono trovato a doverne calcolare una fragilità fuori dal comune. La composizione paradossale tra pietra di roccia sotto, dominata da un ramoscello secco crea una bomba di fragilità. La fragilità e forse uno dei segreti della bellezza di questi tuoi capolavori di saggezza. Una foto certo suggerirebbe solo una versione piatta di una cellula infinitamente tridimensionale, ma varrebbe come suggerimento visivo. Un abbraccio a mio padre.

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