CULTURA ed ETICA
SOCIALE
SOCIALE
Etica: Se non sono per me stesso, chi è per me?
Ma se sono per me solo, chi sono io?
(Vangeli molto spuri)
Prima di cominciare è necessario chiarire il concetto di erudizione e quello di cultura.
L’erudito DOC è un individuo dotato di
grande memoria. Si tratta di una persona che legge molto ed è informato di tutto. Ricorda nomi, titoli e
contenuti di libri, notizie, date, e cose lette anche anni prima. Ed è un
individuo il cui “sapere” sorprende chiunque. Va, però, sottolineato che l’“homo
eruditus” è un soggetto che, in qualsiasi intervento, fa suo ciò che ha letto
in precedenza. E può anche scrivere al mattino un libro con le cose lette la sera prima. E non è merito di poco. Ma, in quello che dice e che sa, c’è
solitamente non molto di suo. E’ chiaro, che la parte della mente impegnata in
questo caso è la “memoria”
(certamente portentosa) che fa dell’erudito una
sorta di enciclopedia vivente.[1] E però, qui sta l’errore. Chi ascolta un erudito,
è portato a definirlo uomo “colto” o di “larga cultura”. Ma, in questo caso, la analogia fra
erudizione e cultura è chiaramente impropria. Sotto questo profilo, l'erudizione è spesso una "infelix supellex", come l'ha definita qualcuno.
1.
Passiamo al concetto di cultura. L’etimo è latino. Il termine discende da “colo” (=
coltivo). L’uomo che si è soliti definire “colto” è colui, che "si coltiva",
che coltiva la sua mente. Colui, che dentro di sé mette a dimora gli stimoli (o semi) offerti dall’ambiente, li custodisce con vigile attenzione, li elabora, li
fertilizza, li annaffia, come fa un contadino con i semi che ha messo a dimora nella sua terra, e in
perfetta analogia, si comporta l’uomo interessato ai concetti che ha messo a
dimora nella sua mente. In entrambi (contadino e uomo di cultura) lo scopo è quello di raccogliere i frutti
di questa “coltura” o “cultura”. Frutti della terra e frutti della mente.
2.
Per cultura si intende “tutto” quanto è prodotto dalla mente di una sola
persona o di un intero popolo. Una persona scrive un romanzo, un pittore
dipinge un quadro: poesia, romanzo, quadro sono prodotti della mente, dunque
prodotti culturali. Per un uomo si può parlare di cultura quando dalla sua mente riesce a far
germogliare qualcosa di nuovo.
Al
contrario della erudizione, che fa leva sulla memoria, la produzione culturale
è prodotto della intelligenza. La cultura è dinamica, l’erudizione è
informazione statica, non lievitata.
Per
essere produttori di cultura, si possono
comprare i frutti al mercato delle parole, in televisione, o nei libri scritti
da altri, ma queste informazioni vanno ricevute sempre in posizione critica.
Cultura è quella che ognuno di noi riesce a far venire fuori col forcipe
socratico dall’interno della mente. Cultura è anche sinonimo di novità.
3. Così, un telaio come la scoperta del fuoco e la sua
multiforme funzione, maschere, poesia, canti, musica, danze, medicine, cibo, armi, schemi di rapporti sociali, modalità di trasporto, scoperte varie, su su
fino ad arrivare al computer e alle eterogene e molteplici sue funzioni sono
scoperte culturali, prodotti della intelligenza. Ma, fanno ancora parte delle
varie culture del mondo gli usi, i costumi, le consuetudini e con esse
credenze religiose, superstizioni, riti e miti, e ancora il modo di gestire
festività (religiose e laiche) e così via. Anche una particolare filosofia
della vita e la stessa politica con le modalità applicate alla sua gestione
sono creazione della mente umana, prodotti della cultura di un popolo.
La
storia registra che ogni epoca e ogni popolo ha avuto soluzioni culturali
simili, e nello stesso tempo differenti. Un
esempio. Tutti i popoli hanno una religione, ma è culturalmente diverso il modo di immaginare la divinità e di
pregare. Tutti i popoli mangiano, ma la cucina è culturalmente diversa. Tutti i popoli conoscono la musica, il
canto, la danza, ma tutti i popoli sono stati produttori autonomi di danze, canti
e musica.
4.
Una contraddizione su questo punto è però possibile. Se la cultura è scoperta, ed è allo stesso tempo messa a punto di soluzioni “migliori” anche se diverse da popolo a popolo, la cultura, proprio perché dinamica, deve essere anche autocritica e innovativa per
principio, quindi soggetta a una necessaria e continua revisione e
modificazione. Ma, è comprensibile che, se una nuova scoperta (culturale)
è considerata la soluzione migliore, è facile la si ritenga implicitamente
giusta e quindi “non sottoposta a cambiamento”.
5.
Il principio vale anche per le religioni e per le loro presunte verità solitamente
ritenute messaggio di Dio, pertanto vere, eterne, immodificabili. Ma, se le
verità religiose vengono considerate immutabili, è chiaro che tendono a
cristallizzarsi, ad ingessarsi, congelandosi. Questo, si è detto, vale per le
religioni, soprattutto quando tendono a privilegiare i riti, perdendo il loro naturale
collegamento con l’etica, e il loro rapporto con la natura. Unica eccezione sembra essere data dal buddismo. Difatti, ancora in vita, Buddha consigliava ai suoi seguaci di non accettare ciecamente le sue parole come atto di fede.
6.
In ogni caso, la cultura è nobile strumento degli umani se si fonda su valori
non negoziabili di libertà, rispetto, giustizia, armonia, bellezza per tutto ciò
che ci circonda: uomini, animali, piante, ambiente, ecosistema.
7.
In questo caso, cultura è sinonimo di
civiltà. E, civiltà si ha solo se si rispetta il pianeta e quant’altro si
trova su questo pianeta.
8.
Sino a questo momento abbiamo utilizzato il concetto di cultura in una
accezione positiva. In questo caso, il termine è adoperato in antropologia
culturale, disciplina che studia le forme mentali dei popoli, le tradizioni,
con implicito rispetto alle radici di ogni popolo, rispetto per usi e costumi,
rispetto solitamente accompagnato da un atteggiamento sacrale e spesso di stupore per tutto ciò che proviene dal passato. Per questo si dice cultura egizia,
greca, azteca, cinese, rinascimentale, contadina, marinara, mediterranea e così
via, per definire moduli, creatività, strutture mentali e le complesse
risoluzioni che ogni popolo ha dato per risolvere i principi della
sopravvivenza e della coesistenza all’interno della propria società e nei
rapporti con l’ambiente. Ma, si dice ancora cultura dei giovani, per indicare
abitudini, comportamenti, modelli di vita e valori delle nuove generazioni, ivi
compreso il modo di trascorrere il tempo libero delle “new generation”.
9. A
questo modello di cultura agganciata a valori “positivi”, va però aggiunto il
concetto di cultura “negativa” solitamente battezzata con il neologismo
“incultura”, con il quale si definisce ogni comportamento disarmonico,
egocentrico, di non rispetto dell’altro e immorale. Al concetto di incultura
vanno convogliate le abitudini innaturali (vedi costumi sessuali degli abitanti
di Sodoma e Gomorra), vedi le organizzazioni a delinquere e del malaffare, e le loro
leggi, la corruzione, e ancora la mancanza di etica professionale nel lavoro,
il non rispetto degli anziani, il disprezzo delle leggi e della parola data, dei diritti del prossimo, la violenza sulle donne, le culture schizofreniche e la filosofia della sopraffazione e della guerra (razzismo e nazionalismo) e così via.
Fare cultura a Ragusa
10. Se cultura vuol dire civiltà e civiltà
significa rispetto di valori allo scopo di vivere in pace per realizzare un
progetto di vita accettabile, in questo caso cultura è sinonimo di “armonia”, che è il simbolo ideografico
cinese esposto ovunque, nelle pubbliche amministrazioni giapponesi.
Armonia, che è obiettivo massimo da realizzare in ogni famiglia e in ogni società. Ma, cultura vuol
dire anche apertura al dialogo per capire, per venirsi incontro, offrire, ma
anche ricevere, per poter trans-correre in modo sano e godibile il tempo da
vivere su questa Terra. Sono queste alcune componenti della civiltà.
11.
Nel "Progetto cultura a Ragusa", la nostra attenzione è rivolta al cittadino, ma
soprattutto alle nuove generazioni, alle donne e agli anziani. Lo scopo è quello di venire
incontro ai molteplici bisogni di tutti: esorcizzare la solitudine, aiutare i
bisognosi di affetti, aiutare "l’altro" a dare un senso alla vita. Se nella
cultura contadina, che l’umanità si è appena lasciata alle spalle, lo scopo
dell’esistere era il lavoro in campagna e la protezione del nucleo familiare,
oggi lo scopo è quello di evitare incomprensioni e disarmonie, sofferenze e
fatiche estreme dei cittadini e della società.
Protagonisti
della cultura siamo tutti, "Cittadini e Amministratori della cosa
pubblica", la cui funzione è quella di risolvere i problemi della collettività,
non certo quella di aumentarli.
Amministratori, dunque, al “servizio” del cittadino,
non al suo “sevizio”. Amministratori delegati a risolvere i problemi dei cittadini, non a crearli. Tanto avviene solo
se c’è un impianto morale e una vigile attenzione che sostiene il servizio pubblico, e ancora, se c’è dialogo,
così come dialogano in armonia tutte le parti di un corpo vivente. Se un uomo
si fa male a un piede, una rete elettro-chimica manda l’impulso al cervello e lo
informa della sua sofferenza dolorosa in una parte estrema del corpo. Il cervello riceve l’informazione e provvede (ove possibile) a spostare d’impulso il piede.
Così,
se un cittadino ha un problema personale o rileva un problema sociale deve poter avere un contatto con chi gestisce la cosa pubblica, che definiamo Mente, (rappresentata dai pubblici funzionari) che
deve attivarsi (anche rispondendo al telefono o ad una email), facendo proprio il problema al
fine di provvedere alla sua risoluzione. Ma, proprio questo non avviene, o
avviene con modalità che il cittadino non conosce. Ed è allora che la società
entra in sofferenza e la burocrazia diventa "il" vero problema della società.
La
cornice culturale della società è l’apertura
della Amministrazione pubblica al cittadino, sulla base di quella che si
definisce etica. Ed è chiaro che in
questo caso non può essere applicato il gioco delle tre carte, non rispondendo
al “numero verde”, ampiamente pubblicizzato, esasperando il cittadino e
costringendolo a rincorrere la carota della speranza e della amara
rassegnazione. Sono questi i comportamenti “culturali” che bisogna correggere.
12.
In ogni caso, nel bilancio tra valori positivi e valori negativi, che spesso
convivono all’interno di una cultura, Ragusa risulta essere ancora un città
“corretta e vivibile”. Il cittadino registra in larga misura il concetto di
rispetto degli altri, le donne sono rispettate e possono uscire di sera in
piena sicurezza, il servizio comunale è accettabile, e così via.
In tutto ciò, chi scrive esprime solo “impressioni
personali” che discendono da un accettabile “behavior”, espunto come concetto
da un rilevabile comportamento esterno.
Tratti
salienti del ragusano sono “la riservatezza”, il “non” parlare male degli altri
ad altri, l’accettazione equilibrata delle novità, il rispetto delle iniziative
culturali, della famiglia, delle tradizioni e della religione. Un “trend” molto
interessante che rende la città saldamente legata a valori assoluti e vivibile.
13.
Comunque, se il concetto di cultura è riferito alla
“produzione-creazione-gestione” delle arti nobili (musica, arti figurative,
scrittura, scultura, fotografia, danza, teatro, cinematografia), si può affermare che Ragusa non è più
quella di settant’anni fa, quando l’economia era ancora fondata sull’agricoltura e le
arti sopracitate erano coltivate solo nelle grandi città italiane. Nel caso
specifico, fino ai primi degli anni Sessanta, riferito alla musica, l’unica
docente di pianoforte della provincia che preparava alunni per il conservatorio era a Modica (Signora Lydia Jemmolo -Giardina), e
gli unici “musicanti” erano quelli delle bande cittadine, là dove esistevano le
bande cittadine.
Oggi,
l’offerta di mercato, gli interessi delle nuove generazioni, le “formazioni
musicali”, musicisti, pittori, scrittori poeti di valore sono tantissimi, e soprattutto non
quantificabile è la richiesta di arte da parte dei giovani. Ed è segno (questo) di
benessere sociale e di consolidata nuova civiltà. Lo stesso vale per il teatro, lo sport e l'atletica in generale. Basti rilevare, infine, l’attività dei “Centri Culturali”, attivi
in Città, nel presentare conferenzieri, proposte letterarie, convegni, pubblicazioni di
libri e mostre di fotografie di artisti locali, che hanno raggiunto riconoscimenti
nazionali. Lo stesso va confermato per l’interesse che la popolazione ragusana
mostra per il Teatro, e per i concerti (vedi Teatrino “Donnafugata” di Ibla in piena
attività) e la nascita di numerosi gruppi teatrali, con attività che si
estendono anche all’interno delle scuole.
Si
tratta di téssere di un mosaico artistico e sportivo (ciclismo, ginnastica artistica, rugby) che hanno però sempre bisogno di
trovare una risposta vigile e positiva in una saggia ed oculata Amministrazione Comunale.
Se
scultori, pittori, fotografi, artisti in genere hanno bisogno di una sede, di
un Auditorium, di un Teatro, o di centri di esposizione e di incontro per offrire i frutti
della loro cultura agli altri, è chiaro che una Amministrazione pubblica dovrà
farsi carico di predisporre le necessarie strutture là dove l’intervento sarà richiesto e sarà possibile.
Solo così le arti nobili possono trovare una simbolica agorà, che si
fa punto di convergenza e di redistribuzione culturale. Ma, perché tanto possa
accadere è necessario, un dialogo onesto
accompagnato da sorriso e gentilezza da parte degli addetti alla Amministrazione che gestisce il danaro pubblico, e che in questo caso lo
restituirebbe ai cittadini sotto forma di servizio sociale.
Ma,
perché ciò avvenga – ripetiamo - è pur sempre necessario il lievito di ogni
cosa, che è la morale, l’etica sociale, la volontà di fare
onestamente il proprio lavoro, di essere al servizio (non al sevizio) del
prossimo.
E questo non si realizza recandosi in Chiesa la domenica, ma si
applica a partire dal lunedì mattina, nei posti di lavoro, per poter dar conto
del proprio operato a "Qualcuno", proprio dei giovani nel giorno del Signore. Non è possibile insomma disgiungere politica, etica e religione. Non è possibile vivere una religione domenicale senza rapporto con il lunedì, questo perché accade non poche volte che chi è più vicino alla Chiesa sia più lontano da Dio.
Tornando al concetto di cultura, va tenuto presente che su questa Terra noi tutti navighiamo in un mare tempestoso e sconosciuto. Il pericolo è rappresentato da mali terribili: gioco di azzardo liberalizzato da irresponsabili governi passati, alcol come costume e droghe, che rappresentano un vero cancro sociale non facilmente curabile. Vizi che spesso distruggono famiglie e frammenti di società.
Gino Carbonaro
13 gennaio 2016
gino.carbonaro.italy@gmail.com
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[1] Pensiamo alla memoria di Pico della Mirandola che era
capace di leggere un libro una sola volta e di riperterlo a memoria senza
sbagliare una parola. Per non dire che poteva anche ripeterlo dalla fine
all’inizio.
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