Cava Ispica e il suo fascino
Storia di viaggiatori inglesi
Susan ciao,
Claire ed io abbiamo gradito moltissimo il tuo regalo “Il fascino della Cava, Storia di viaggiatori inglesi a Cava Ispica. Bello il libro, bellissime le dediche.
Ho letto il tuo lavoro con attenzione, ma prima mi è piaciuto sfogliarlo, ed ho molto apprezzato la copertina, il formato, l’impaginazione, le foto e i disegni di Gino Cannata, soprattutto quello delle lettighe.
Ho avuto subito l’impressione di trovarmi davanti a un’opera di grosso impegno. Questo mi sono trovato a dire a Claire non appena sono entrato nella lettura delle prime pagine.
Mano a mano che avanzavo, però, le impressioni diventavano concetti e si tramutavano in giudizi. Così, mi sono convinto che il libro ha svariate chiavi di lettura.
La prima riguarda proprio te, il tuo carattere, la tua cultura, la tua sensibilità per le cose belle, il modo di raccontare, che ti hanno fatto realizzare un lavoro di ricerca attento, scrupoloso nella ricerca dei particolari, fatto con tanto amore e tanta sincerità. Tutto quello che scrivi, difatti, è il risultato di una ricerca e di un impegno ammiravole e, oserei dire, commovente per l’attenzione e la cura con lui tratti l’argomento.
Il secondo punto riguarda il contenuto dell’opera rivolto sia alla Cava d’Ispica, alla sua storia antica, ai ricordi di un passato custodito fra quelle pietre, sia ai viaggiatori inglesi che nei secoli passati hanno per primi intuito la bellezza e l’importanza del sito da un punto di vista archeologico e da un punto di vista naturalistico. Tutto questo messo indirettamente, ma continuamente, a confronto con una cultura locale (quella odierna) distratta, forse anche insensibile, che non si rende conto del valore di questo scrigno, che custodisce i tesori della nostra storia arcaica giunta fino a noi dalla notte dei tempi.
Ma, nel libro c’è dell’altro. Ci sono i disegni su Modica e su Cava d’Ispica che tu sei riuscita a scovare nella case private britanniche, nelle biblioteche d’Europa e d’America, testimonianze visive del nostro passato, ma nello stesso tempo scoperta di pittori che devono essere valorizzati come artisti, oltre che come semplici visitatori di passaggio. Le parole che vengono fuori da questi diari (quelli che tu riporti) sono pieni di elogi per la valle e per la sua storia. Come dire che a questo giudizio potrebbero fare eco i giudizi di altre persone, se la comunità modicana si attivasse per rendere la zona accessibile a nuovi visitatori, capaci di potenziare il turismo, anche se a tutt’oggi Cava d’Ispica continua ad essere apprezzata solo da pochi e sensibili amanti della natura e della storia affascinante che Cava d’Ispica custodisce in questo magico sito.
Parlo soprattutto di te, oltre che dei turisti del passato e della famiglia Barry e Margaret Williamson, che di recente si è aggiunta al numero dei visitatori del passato.
Ma, in questa ricerca e nelle importanti pagine di diario dei visitatori del passato si leggono ancora altre notizie sulla vita e sugli abitanti del luogo che fino a poco tempo fa vivevano nella Cava. Erano discendenti dei più antichi abitanti del luogo? Erano veramente trogloditi come vengono definiti dai visitatori inglesi? Con configurazione fisiognomica diversa? E come si nutrivano? miele? frutta? erbe selvatiche? noci? Ed erano ospitali? Anche questi argomenti vengono sfiorati nel tuo lavoro. E lo rendono interessante.
Per non dire della ri-scoperta di Edward Lear, eccellente pittore, ma soprattutto poeta di "limericks", filastrocche forse, che rivolgono la loro attenzione più alla musica e alle misteriose assonanze delle parole piuttosto che al contenuto logico del verso.
Insomma, in questo libro ci sono molte cose interessanti che non sapevamo, comprese le notizie sulla prime guide turistiche scritte e pubblicate oltre un secolo fa da scrittori di mestiere per i turisti inglesi.
Baravitalla
Che dire ancora? Che ho apprezzato la chiarezza della prosa, la sua scrittura “diaristica”, dove tu descrivi tutto in modo lineare, funzionale, organico, esaustivo. Al punto che io non mi sono mai stancato di leggere, gustare e apprezzare il tuo lavoro, e come modicano ringraziare per questo bel libro che rappresenta per il nostro ambiente una sorta di pietra lanciata nello stagno. Lo scopo è difatti anche quello di interessare l’ambiente sull’argomento “Cava d’Ispica”, per scuotere l’attenzione delle persone dal torpore nel quale spesso si trovano a vivere. Per non dire che Cava d’Ispica non rappresenta per tutti noi un evento culturale o ecologico, ma è anche e soprattutto una realtà turistica ed economica.
Nel salutarti ti auguro un largo successo per questo lavoro che merita tanto.
Gino & Claire
Postille
P.S. Botanica. Visitando Cava d’Ispica, sul lato destro (verso Ispica) che è quello ombreggiato è possibile incontrare cespugli di érica nostrana.
Storia di Cava d’Ispica. Il sito è stato abitato da 4000 anni come qualche visitatore ha scritto, ma.. potrebbe esser stato abitato già da 40.000 o 80.000 anni e ancora di più. Basta guardare attentamente le grotte crollate nei millenni, delle quali resta solo un impercettibile segnale, mentre a terra non c'è segno dei crolli.
Va detto che, proprio negli Iblei si ritrovavano le ideali condizioni di vita per società arcaiche e primitive. Per esempio..
- Ripari sotto roccia in zona calcarea friabile che consentiva la realizzazione di ripari artificiali (grotte-dimore).
- Ricchezza di acque (Busaidone è il fiume, ma è tuttora alimentato da svariate sorgenti ).
- Vegetazione spontanea
- Selvaggina
Purtroppo non sono state fatte ricerche archeologiche in questa direzione. Qui da noi, l’archeologo che si trova davanti a reperti di cultura greca si ferma alla Grecia e non va indietro nel tempo. Però, il Solarino nella sua Contea di Modica, fa accenni a quello che a me pare di poter sostenere.
Tu, Susan, hai scelto di scrivere “Cava Ispica” seguendo un suggerimento che a suo tempo diede Duccio Belgiorno e suo fratello Ciccio, i quali sostennero che definire “Cava d’Ispica” significava che la Cava apparteneva ad Ispica mentre, per i fratelli Belgiorno, la Cava era modicana. Ed era analisi all'insegna di un puro campanilismo (parrochialism). Va detto, comunque, che Douglas Sladen nelle foto inserite nel suo lavoro (In Sicily) nella legenda delle foto scrive "Cava d'Ispica". Ed era tempo quando l'attuale Ispica si chiamava "Spaccaforno".
Ultime note: Il fotografo Napolitano fino al 1950 aveva lo studio vicino alla Chiesa del SS. Salvatore a Modica.
Ultime note: Il fotografo Napolitano fino al 1950 aveva lo studio vicino alla Chiesa del SS. Salvatore a Modica.
Busaidone, fiume della Cava, potrebbe essere nome greco:
Ove "Bous" sta per toro o bue, e l'insieme "Ruscello dei buoi". comunque da verificare.
Gino Carbonaro
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