2012/01/24

Aforisma, fra il dubbio e la ragione


Elogio dell'Aforisma 
Concetto un po’ grottesco, un po’ folle, un po' geniale, spesso mascherato e sempre  portatore di una estrosità carica di amarezza e di follia


   L’aforisma è un pensiero sintetico, un concetto che coglie un rapporto impensato fra due eventi, e suggerisce verità nuove, non previste, anche se implicite al concetto che l'aforisma presenta.

   Caratteristica dell'aforisma è l'estrema brevità.  Un'idea fulminea che scuote e libera un pensiero e fa luce, sia pure per poco, su qualcosa. Poi, a distanza di tempo, arriva il tuono delle possibili considerazioni, o anche una fragorosa risata. Alla fine? Tutto torna come prima.

   Il termine deriva dal greco aphorìzein, è lo stesso da cui si fa derivare la parola orizzonte, e indica ancora un concetto chiuso all'interno di un limite, seppure capace di andare al di là dell'orizzonte concettuale che lo circoscrive.

   Aforisma è definizione incisiva, ma anche sferzante, modo per scuotere chi legge, per esortarlo a considerare meglio cose, eventi, uomini. Con l'aforisma è come osservare la realtà dal buco della serratura (anche l'osservazione è limitata) senza che la visione concettuale possa essere disturbata dalla interferenza di altri fatti, oggetti, eventi.

   Aforisma è una microstruttura logica, in sé completa, che esplora atomi di realtà, frammenti di verità: punti di vista per osservare la realtà da angolazioni diverse.

   L’aforisma non va confuso con la massima, né con il detto, il motto, l'adagio, né tanto meno col proverbio,  con i quali ha in comune la brevità, ma non la funzione.

   L'aforisma, non ha finalità pedagogico-morali, come la massima e il proverbio. Non presume la scoperta di verità assolute, eterne, oracolari. Non si rivolge all'uomo per correggerlo o migliorarlo, ma solo per introdurlo nell'affascinante mondo del pensiero e delle parole, per insinuare il seme del dubbio nelle sue rassicuranti e pretestuose  certezze. Lo scopo, semmai ne ha uno, è quello di far dubitare, di far ri-flettere (nel senso etimologico della parole). Flettere nel senso di piegare la realtà, che lo specchio della mente restituisce come informazione di ritorno sotto un aspetto inconsueto.

   L'aforisma esorta ad essere cauti nei giudizi, a riconsiderare gli anonimi "si-dice-che", a intercettare la presenza dell’infìdo e rassicurante luogo comune, che si annida, anguis in herba,  dappertutto, e addormenta le coscienze, quasi offesa all'intelligenza e alla libertà del pensiero.

   E ancora, l'aforisma tenta di schernire la verità ufficiale, insinuando il sospetto che possano esistere più verità: la mia, la tua, la sua, la nostra, senza con ciò escludere l'esistenza di una verità univoca ed assoluta. Ma se quest'ultima esiste, ed è possibile che esista, è anche vero che la stanno ancora cercando.

   L’aforisma distrugge i feticci e privilegia il paradosso, mentre fa uso di sillogismi extra-vaganti, ma solo per farsi beffe  della  logica.

   Il concetto cui vuole pervenire l’aforisma è che, anche la logica, la prima delle scienze ‘cosiddette’ esatte, è a rigor di logica ‘non-sempre-logica’.

   Eppure è sulla logica che fondiamo i valori e diamo un senso alla vita e decidiamo le nostre scelte e assumiamo le nostre responsabilità: morali, legali, religiose. Ed è servendosi della logica, che gli uomini fondano società, progettano il futuro, sottoscrivono accordi, segnano con precisione il confine fra bene e male, giusto e sbagliato, lecito e illecito, legale e illegale.

   Con tutto ciò, l'aforisma non rinunzia a rifare il trucco alla realtà svuotandola del significato che le attribuisce la conoscenza ufficiale. Tanto si verifica ribaltando i punti di vista, creando collegamenti neuronali nuovi e invitando ad esaminare la possibilità che "l'unica certezza (semmai ce n'è una) è che ci sono molti dubbi";  e l'unica verità, sempre che ne debba esistere una, è che “solo le menzogne sono vere”.

   E scivoliamo nel paradosso, in questo assurdo figlio naturale della logica, che dice il vero della realtà, che è sempre doppia, dionisiaca, indefinibile. Ma pochi sembrano prendere in considerazione il paradosso, che, di norma, viene sdegnosamente ripudiato da molte delle scienze ufficiali. 

   Al contrario, l'aforisma  fa suo il trasgressivo paradosso, e all'occasione ne diventa la voce, facendosi carico di scoprire analogie impensate, nessi logici nascosti, come quello (un esempio) che lega il genio e il folle, che, a suo dire,  hanno qualcosa in comune: difatti, entrambi seguono percorsi ‘logici’ diversi, imprevedibili.  

   Questo è l’aforisma: concetto un po’ grottesco, un po’ folle, un po' geniale, spesso mascherato e sempre  portatore di una estrosità carica di amarezza e follia.

                                          Gino Carbonaro

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