2011/04/20

La giustizia, fra denari e .. amicizia


Giustizia

La ghigliottina delle tasse? 
Ad alcuni taglia un capello, 
a un altro .. la testa!


                                                        di Gino Carbonaro


   Ognuno di noi ha il senso della giustizia innato. Se qualcuno scavalca la fila al supermercato, sappiamo che non è giusto. Per lo stesso motivo, crediamo che giustizia ci sarebbe in questo mondo se a tutti toccasse la stessa quota di sventure. Invece, c’è chi vive sereno e chi sopporta sofferenze e disgrazie. E, ancora, c’è chi lavora per pagare tributi e balzelli, e c’è chi è preposto riscuotere, e a comminare multe e sanzioni. La ghigliottina delle tasse, poi, ad alcuni taglia un capello, a un altro la testa.


   Al tempo degli antichi Egizi, gli schiavi erano costretti a spostare enormi blocchi di granito. Sopra di loro, le angherie di un sole rovente e la sferza dei fustigatori. Il senso della giustizia che è in noi vorrebbe capire il perché di queste disuguaglianze. Ma, quanti delitti si commettono nel nome della giustizia! L’omicidio di Sarajevo, scatenò la prima guerra mondiale. Morirono milioni di soldati. Pagò con la vita chi non aveva colpa. 

     Per l’attacco alle Torri Gemelle fu invaso l’Irak. E, indietro nel tempo, nel XIII sec., per punire i Catari che non riconoscevano il dettato della Chiesa, fu organizzata la crociata contro gli Albigesi. Scomparve una civiltà. I carnefici della notte, nel trucidare donne e bambini, chiamavano in causa la giustizia divina, gridando: “Deo lo vult!” (Dio lo vuole).    

   L’evento richiama alla mente la medievale caccia alle streghe e la frenetica attività dei tribunali della Sacra Inquisizione che mandavano al rogo fattucchiere e negromanti. Anche in quel caso si recitava una preghiera che chiudeva con “Signore! Giustizia è stata fatta!

   In tutti i tempi, lo zelo per la giustizia è stato enorme. E i fatti sono passati alla storia, perché l’uomo deve imparare com’è fatto il mondo. “Historia magistra vitae!”

   Dalla giustizia maniacale che ricorda la vendetta a quella dei tribunali dei nostri giorni. Qui la giustizia è oculata. I giudici sono impegnati a dirimere con scrupolo il falso dal vero, il bene dal male, il torto dalla ragione. Si esaminano prove, si ascoltano testimoni. La giustizia è imparziale. Il verdetto finale  evoca il simbolo della bilancia. Si vuole dire che la legge è uguale per tutti

     Ma, anche qui, nessuno può sapere se chi fa uso della bilancia ruba sul peso, né si può quantificare quanto pesa il potere, il denaro, l’interesse e la superficialità nella bilancia della giustizia. Una antica sentenza siciliana recita: “Cu’ havi dinari e amicizia si teni ntra lu culu la giustizia”. Sarà vero? I Romani si dicevano certi che le ragnatele acchiappano moscerini e non trattengono calabroni. L’allusione alla giustizia è evidente.

   Un filosofo del passato sosteneva che la giustizia è un abito bianco montato su un manichino ed esposto in vetrina. Tutti lo guardano, tutti ne parlano, tutti lo ammirano. 

     Ci si chiede se anche quell’abito è in vendita al migliore offerente? 

                                        Gino Carbonaro 









 

1 commento:

  1. Articolo pubblicato lunedì, 7 maggio 2007 nella rubrica "Cultura e Spettacoli" del quotidiano La Sicilia, p. 9

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