2011/04/19

Galateo

Nel Medioevo a tavola non si parlava di affari


Oggi nessuno parla di Galateo. Ciò vuol dire che siamo tutti educati. Ma, tutte le società hanno conosciuto da tempo norme di “bon ton” alle quali adeguare il comportamento. Alcune norme resistono nel tempo, altre cambiano, ma tutte interessano la sfera etica ed estetica dei comportamenti umani. Scavalcare una fila, litigare in pubblico, fare uso di parole sconce o bestemmiare, sbadigliare o scoreggiare in pubblico vengono considerati sgradevoli evenienze.
     Alla radice del Galateo c’è il concetto di grazia, di decoro, di rispetto di coloro con cui si convive. Obiettivo non secondario è quello di vivere con gli altri in un mondo di rispetto, di finezza formale e di armonia.
      Dal medioevo, è giunto sino a noi un piccolo galateo conviviale che elenca norme dello stare a tavola. Ecco cosa scrive l’Anonimo scrittore: “Quando state a tavola, il viso sia predisposto al sorriso (vultus hilares habeatis); sedete con la schiena eretta (membra recte sedeatis); se vi serve il sale, prendetelo, ma con la punta del coltello (sal cultello capiatis); evitate di chiedere cosa c’è da mangiare (quid edendum sit ne peteatis); non mangiate ciò che gli altri hanno lasciato (non depositum capiatis); non cedete ad altri quello che non mangiate (nullis partem tribuatis); non depositate nel piatto morsi masticati (morsus non rejecitatis); cercate di non parlare di affari (inter pocula silent negozia), di non provocare diatribe, battibecchi, litigi o parlar male di chi non è presente (rixas, murmur fugiatis). Infine, bevete a piccoli sorsi, ma con moderazione (modicum sed crebro bibeatis).
     In altra parte, l’Anonimo educatore suggerisce che mangiando non bisogna fare rumore con la bocca, e ricorda che i vestiti non servono per asciugare il grasso delle mani (all’epoca si mangiava con le mani); e consiglia con discrezione di non ruttare, né scoreggiare, silente o roboante a tavola; di non alzarsi per fare assestare nello stomaco il cibo trangugiato; e, soprattutto, di non fare fagotto con la veste usata a mo’ di cesta per portare a casa le rimanenze lasciate sul tavolo. 
     Oggi, quelle regole fanno parte della cultura dei popoli, e le norme dello stare a tavola sono sostanzialmente ridotte a tre: non alzarsi, né lasciare il tavolo per tutta la durata del pranzo; non fumare, non parlare ad alta voce. Resta sottinteso che a pranzi, cene e appuntamenti formali è va rispettata la puntualità.          
     Ma le buone maniere non si fermano a tavola. I Giapponesi di oggi considerano “impolite” mangiare e bere per strada, toccarsi il naso o soffiarlo davanti ad altri; puntare il dito verso una persona, pulirsi o masticare le unghie davanti ad altri. Ugualmente è considerato sconveniente seguire con lo sguardo una persona che non si conosce, visitare persone conosciute senza essere stati invitati.
    Lord Brummel era solito dire che “la forma non è tutto, ma chi non ce l’ha manca di qualcosa”.

                                                        Gino Carbonaro

1 commento:

  1. Articolo pubblicato giovedì 3 gennaio 2008 nella pagina "Cultura e Spettacoli" del quotidiano "La Sicilia", p.19

    RispondiElimina

Puoi cambiare questo messaggio sotto Impostazioni > Commenti