Tango
Da ballo scandaloso e immorale
alla designazione
come patrimonio dell'umanità
La ricchezza del Tango è nella sua capacità di esprimere tutto dell’uomo: il bisogno di nutrire lo spirito con la musica, di ballare in coppia mimando voluttà sessuale all’interno di uno spazio-tempo (la pista da ballo) dove per la durata di un Tango, i due ballerini vivono il loro momento di sogno e di complicità con un partner vero o sognato. Miraggio che svanisce nel nulla con le definite battute d’arresto del Tango, che segnalano la fine del sogno e il ritorno alla squallida prosa di tutti i giorni.
È di pochi giorni fa la notizia che il Tango, fenomeno culturale fra i più affascinanti del mondo, è stato considerato patrimonio dell’umanità. L’ambìto riconoscimento è avvenuto il 30 settembre, ad Abu Daby, dove in seduta congiunta erano riunite Commissione Intergovernativa Unesco e Agenzia Culturale dell’ONU.
Rendere il Tango patrimonio dell’Umanità è stata scelta coraggiosa, perché fino a pochi anni fa, “intangibili” tesori dell’umanità sono stati considerati solo i beni “tangibili”: monumenti, opere architettoniche, bellezze naturali. Il Tango, invece, è creazione immateriale, la cui realizzazione dipende di volta in volta dalla capacità creativa di musicisti, poeti, cantanti, tangheri.
Eppure, il ministro della cultura argentino Hernan Lombardi, avanzando con il governo uruguayano la richiesta all’Unesco, ha ritenuto che il Tango potesse aspirare ad ottenere tale riconoscimento, soprattutto perché l’Unesco ha in precedenza riconosciuto come patrimoni dell’umanità il Carnevale di Oruro (Bolivia) e il Carnevale di Barranquilla (Colombia).
Le origini del Tango risalgono alla fine del XIX secolo, quando dopo il 1880 il governo argentino aprì le frontiere alla immigrazione di massa. L’Argentina, terra immensa (dieci volte più grande dell’Italia) e ricchissima, contava allora una popolazione di due milioni di abitanti. La manodopera era necessaria per sfruttare le immense ricchezze del paese e per lo sviluppo economico dell’Argentina. Fu così che sulle rive del Rio de la Plata giunsero a ondate immigranti provenienti da tutte le parti del mondo, soprattutto europei e ovviamente italiani, che fuggivano la miseria cercando fortuna in Sud America.
L’afflusso degli immigrati fece raddoppiare la popolazione, modificando il rapporto uomo-donna che diventò di cinque uomini di contro a una donna.
Gli immigrati, quasi tutti giovani, pieni di speranze nella possibilità di un futuro diverso e migliore si ritrovarono di fatto senza affetti, senza famiglia, stranieri in una terra della quale sconoscevano finanche la lingua.
Il rapporto asimmetrico fra maschi e femmine potenzia la prostituzione e il moltiplicarsi dei “quilombos” dove gli immigrati si recano per incontrare gente, vedere come è fatta una donna, annegare nell’alcol le loro pene, e ammirare i gauchos della Pampas, esperti ballerini che, nell’attesa del loro turno si esibivano in mirabolanti gare di danza sul ritmo della Milonga.
Fu proprio nei quilombos, che allignavano nella zona del porto di Buenos Ayres, che le maitresse assoldarono le prime orchestrine, e fu qui che il Tango fece i primi passi.
In queste “enclave” diverse, maschi e femmine, pronube il Tango, ballavano abbracciati facendo aderire i loro corpi per sentirli vibrare all’unisono con la musica e con le armonie del ballo, mimando in piena libertà scene (oscene) di corteggiamento. Qui, il macho-ballerino si prodigava nell’improvvisare passi e figure che la donna assecondava. E fu gioia degli immigrati assaporare quella libertà, vivere quella esperienza immensa.
Ma, il Tango “porteňo”, conosciuto fuori dai quilombos e ballato anche per le strade, fece scandalo in una società puritana. Nessuno ai primi del Novecento poteva accettare che un uomo e una donna si abbracciassero in pubblico. Ma fu merito del Tango se in epoca freudiana fu abbattuto il più radicato tabù sessuale.
Il Tango fu condannato dalla Chiesa, dal potere politico (specie in regime dittatoriale) e dalla aristocrazia benpensante che vide figli (e figlie!) perdere la testa per un ballo, che a Buenos Ayres veniva danzato solo nei “barrios” malfamati e là dove si offriva sesso a pagamento. La calamita del sesso fu considerata… una calamità!
E però, lentamente, il Tango si fece sempre più capace di toccare le corde dell’animo, non solo con la musica, ma anche con le parole. I testi dei primi tanghi parlano di uomini abbandonati dalla donna amata (Caminito), di luoghi di appuntamento con donne di sogno (A media luz), di figli che muoiono con sensi di colpa per aver lasciato la madre sola in patria (La Cumparsita). Agli inizi, i destinatari del Tango furono gli immigrati. Tanto è dimostrato dal fatto che la lingua usata nei testi era il “lunfardo”, dialetto del porto nato dal contributo di lingue diverse su una base di spagnolo e parlato dagli immigrati.
L’atmosfera del Tango storico - o della “Vecchia Guardia” come si disse - è da fin du siècle, malinconica e decadente. Forse anche per questo il Tango-ballo infiamma il mondo. Finlandia, Giappone, Francia, Gran Bretagna e, soprattutto, Stati Uniti, dove cinema e Tango nati da poco creano la prima “star” nell’attore-tanghero Rodolfo Valentino.
Il Tango parla di amore, poesia, musica, arte, ma il contenuto è anche filosofico. Il Tango dice che le convenzioni sociali sono ipocrite, che amore e contatto fra sessi diversi non sono peccato, che il ballo è vita, la vita è breve, e per questo invita tutti a cogliere l’attimo fuggente. Enrique Santos Discepolo definì il Tango “un sentimento triste che balla”, e fu lievito che riuscì a unificare il popolo argentino e uruguayano, che dopo gli anni Ottanta nascevano dall’incontro di popoli e culture diversi. Ora, la fede dell’Unesco è che il Tango possa unificare i popoli del mondo.
Gino Carbonaro
Articolo pubblicato nella rubrica
RispondiElimina"Cultura & Spettacolo"
del quotidiano "La Sicilia"
di mercoledì 14 ottobre 2009