Cosa suggerisce il Proverbio antico sul matrimonio
Finalmente l’estate! Mare, sole, sesso, libertà. È qui, nella grande kermesse di corpi umani che si espongono le “nudítes”: muscoli da palestra, seni à la page, tatoo propiziatori, ombelichetti al piercing, costumini che coprono l’invisibile.
Nel passato, la spiaggia era l’universo dove i giovani cercavano l’altra metà della luna. La sabbia, il mare erano luoghi di incontri e di promesse; ed erano tanti quelli che a fine stagione incontravano il partner dei sogni, quello che avrebbero condotto all’altare.
Ora il sociologo avverte categorico: fra le nuove generazioni, il fidanzamento è passato di moda. Il partner di oggi è solo il ragazzo-con-cui-stò (al momento); l'ex-fidanzata è la-ragazza-con-cui-stavo. E tutto procede all’insegna dell’usa, consuma e getta. Temporaneo e relativo. Oggi così, domani chissà!
Del matrimonio, poi, se ne parla ancora, sì, ma come di optional non necessario. E poi, chi l’ha detto che per fare figli ci vuole il matrimonio? Almeno su questo punto, la gioventù moderna ha le idee chiare. Si stupisce delle ingenuità dei matusa, e punta il dito accusatore sulle loro scelte, sicuramente sbagliate.
Proprio sulla unione coniugale, le nuove generazioni hanno dalla loro parte il Proverbio Siciliano che, vero premonitore dei tempi moderni, avverte sornione:“Cu líbbĭru vò stari, nun s’hav’a ncatinari!/ Cu si marita è cunnannàtu n-vita!/ Cu si marita è cuntentu gn-jôrnu, e cu ammazza n-pôrcu è cuntenti n-annu. E, sempre saggiamente ricorda che “cu si marita e fa la casa, prestu resta cu la varva rasa”. E infine, l’avvertimento principe:“Si vôi campari mill’anni sta schêttu e nun ti méttiri nt’ê guai”. Suggerimenti ineccepibili, quelli testè elencati; difatti, nessuno può mettere in dubbio che, “iri a la guerra e maritari, a nuddu s’hav’a cunsigghiari”. Per non dire che i giovani conoscono l’equazione:“Ômu maritàtu, ôçeddu ngaggiatu!” E sanno che è meglio essere uccel di bosco, che vola libero di ramo in ramo, che uccello in gabbia! E sono consapevoli, i giovani, che col matrimonio, i poco accorti antenati “si lĭvavanu n-pinseri di min… ma si ni mettêvunu çentu nta testa”.
Oggi, è risaputo che “cu si marita e nun si penti, a Palermu si pigghia çênt’unzi n-cuntanti”, e i soldi, pare, sono ancora là, a Palermo, in attesa del legittimo richiedente.
E allora? Se è vero, che “vidìri e nun tuccari éni cosa di cripàri”; se è logico quello che andava ripetendo la Badessa di Cimillà che “quannu lu jardinu è siccu s’abbivira”, resta fermo che è giusto godersi la libertà, “n-anca ĉa e n-anca dà!”
Nel film “Il Re ed io”, il sovrano di Thailandia riferendosi alle donne sosteneva che: “L’uomo è come l’ape, vola di fiore in fiore!” Metafora raccolta dalla governante inglese che proseguiva: “Sì, la donna è come un fiore aperto e profumato che è… visitato da tante api!”
Gino Carbonaro
Articolo pubblicato venerdì 11 agosto 2006 nella pagina "Cultura & Spettacoli" del quotidiano "La Sicilia", p. 24
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