Tigna e rogna
di Gino Carbonaro
Tigna e rogna
erano due temute malattie contagiose che affliggevano l’umanità di una
volta. La tigna colpisce ancora oggi uomini e animali ed è causata da un fungo
che colonizza qualsiasi parte del corpo, più spesso attacca il cuoio capelluto
e le zone dell’ano e del pube, provocando prurito irresistibile. La tigna (un
fungo) si intercetta perché la parte infetta forma un cerchio arrossato (ring
worm, in inglese) che fa pensare vagamente a un piccolo atollo che si allarga
lentamente facendo cadere peli e capelli.
Nel siciliano antico, la persona calva
veniva detta dispregiativamente tignusa, proprio perché senza capelli
restavano coloro che erano afflitti dalla tigna. Impossibile era liberarsi dal
fungo, che alcuni curavano spalmando la zona infetta con pece bollente: un
rimedio che era peggio del male. Oggi, chi viene contagiato dalla tigna, può
curarla cospargendo la parte infetta con pochi grammi di semplice bicarbonato
in polvere.
La storia racconta che, Vittorio Alfieri fosse affetto da tigna che
gli aveva fatto perdere tutti i capelli e anche per questo era costretto a
portare la parrucca. La rogna, come la scabbia, è provocata da un
microscopico à caro che si insinua sotto la pelle; scava cunicoli sottocutanei provocando
prurito intenso e irrefrenabile. Chi veniva colpito dalla rogna era detto rognoso,
e considerato individuo abietto, spregevole, da tener lontano come un appestato.
In siciliano gli aggettivi rognoso e pidocchioso erano sinonimi
di lurido, immondo.
La suocera di Concettina, definendo la nuora
con l’appellativo di rugnusa e tignusa, per una sorta di magia
simpatica le augurava che potesse infettarsi con quella malattia. Oggi rogna e
scabbia, si curano con zolfo in polvere spalmato direttamente sulla parte
infetta della pelle. Ma la suocera di Concettina non lo sapeva.
Gino Carbonaro
Da.. "La Donna nei Proverbi Siciliani" di Gino Carbonaro, Thomson 2003, Oxford. UK