Grandi del Passato
Modica: Storia & Cultura di una città
Pietro Floridia
Il sogno infranto di un musicista
errante
dal libro di Michele Giardina
Siciliano Editore
Michele Giardina
Articolo di Gino Carbonaro
Pubblicato il 26 dicembre2015
sul quotidiano "la Sicilia"
Il passato copre i ricordi. Kronos - il Tempo
- divora i suoi figli. Diventa proprio per questo un obbligo di ognuno di noi, quello
di riscoprire le proprie origini, conoscere i grandi del passato, capire il
perché della grandezza di quanti hanno dato lustro a una città. La nostra provincia,
terra all’estrema periferia sud dell’Europa, ha da sempre custodito una sua
cultura, da sempre ha avuto una sua predilezione per letteratura, poesia, musica,
pittura, arte.
Ne è prova
il fatto che in questi ultimi tempi, questa terra iblea è passata agli onori
della cronaca per artisti, giovani e meno giovani, di eccezionale valore, che
hanno operato su una piattaforma culturale preparata da altri nel passato. Fra
i pittori hanno un posto d’onore il modicano don Orazio Spadaro, i fratelli
Beppe, Enzo e Valente Assenza, per citarne solo alcuni. Fra scrittori e poeti si
ricordano Raffaele Poidomani, Carmelo Assenza, Nino Barone, Franco Antonio
Belgiorno. Per la musica, in tempi più vicini a noi, la palma va a Lydia
Jemmolo Giardina, una donna, pianista e concertista, che educò schiere di
musicisti di tutta la provincia. Restando a Modica, l’attenzione va rivolta a
due grossi, e non molto conosciuti compositori del passato. A Federico
Borrometi (1851-1940) modicano, per anni direttore della Banda Comunale di
Scicli, e soprattutto a Pietro Floridia (1860-1932), musicista che a cavallo
fra Ottocento e Novecento ha operato in Italia e negli Stati Uniti d’America.
Sino a poco
tempo fa, di Pietro Floridia pochissimi sapevano della sua esistenza, e quasi
nessuno aveva notizie della sua attività musicale come concertista e
compositore, né si sapeva che le sue opere liriche erano state rappresentate al
“Teatro alla Scala” di Milano e in tanti altri teatri d’Italia, né si aveva
notizia delle sue amicizie con Brahms e Wagner. Tutto questo fino a quando un
gruppo di studiosi modicani non si è incuriosito e attivato per saperne di più.
Da qualche mese, però, pubblicato
dall’editore Armando Siciliano, è in libreria “Pietro Floridia, Il sogno infranto di un musicista errante”,
libro dello scrittore Michele Giardina, il quale, utilizzando una intensa raccolta
epistolare del musicista, del padre Francesco, di amici e familiari del Nostro,
ricostruisce una documentata biografia di questo interessante musicista
modicano. Si svela, così, il percorso travagliato della sua vita, successi e
sconfitte, ma soprattutto viene chiarito perché su di lui sia calata la coltre
del silenzio.
Nel suo
lavoro, Michele Giardina riporta fedelmente il contenuto delle lettere che il
Barone Francesco Floridia, padre del musicista, da Napoli scriveva alla moglie
Anna, per tenere informata lei e i familiari di quanto accadeva nel “Circo
Nazionale”, uno dei tanti teatri napoletani, dove Pietro, il figlio ventunenne,
lavorava per mettere in scena la “Carlotta Clepier”, il suo primo melodramma.
Da quello
che il Barone Floridia definiva “giornaletto cotidiano”, viene fuori una
dettagliata descrizione su quella che è la dinamica della équipe di persone che
lavorano per la “mise en scéne” di un’opera lirica. “Sessanta professori
d’orchestra, altrettanti coristi, oltre quaranta comparse. Per non parlare di
quello che accadeva sul palcoscenico durante i preparativi: “Una vera torre di
Babele. Artigiani che non finiscono mai, operai ammassati là, ingegneri,
appaltatori di scena, appaltatori del palco scenico, direttori di ballo, di
quadri coreografici, ballerine dappertutto che provano e tornano a riprovare le
20, le 30 volte la stessa cosa. E poi ancora voci, grida, strimpellare di
violini che sono uno strazio. Tutto è là. Sulla scena”. E poi i compromessi fra
tutti coloro che spingono per avere il massimo vantaggio: “Il librettista che
difende il suo lavoro, la prima attrice attenta a che la sua parte rifulga, il
direttore ché la sua orchestra faccia bella figura, gli artisti che vogliono
spiccare, l’impresa che ne abbia il suo più lauto tornaconto, e ancora, i
giornali che pretendono abbonamenti annuali per dire bene dell’opera, i critici
che pretendono qualcosa, mentre il povero Pietro, il povero Cristo in mezzo a
tanti giudici, deve fare del tutto per non dispiacere nessuno”. Tutto questo, la famiglia Floridia sopportava
per lanciare il proprio ragazzo musicista alle prime armi, “Perché - continua
il padre scrivendo alla moglie - ogni
carriera ha i suoi triboli”. Ma, i triboli per il nostro musicista modicano continuarono
per tutta la sua vita accompagnato da guerra di interessi che lo costrinsero a combattere
con Giulio Ricordi, della famosa Casa Editrice milanese, che in quel tempo monopolizzava
il mondo della musica, e attacchi crudeli dovette subire dalla gelosia dei
colleghi, che lo avrebbero voluto morto, al punto che nel 1904 Pietro Floridia scelte
di trasferirsi negli Stati Uniti d’America. Anche lì, malgrado il successo e il
riconoscimento al merito, non tutto andò liscio. Invidie e gelosie sono in
letargo nel DNA umano e bisogna convivere con questi.
Il
libro di Michele Giardina, scritto con una chiarezza assoluta, non parla solo
di intrighi. Chi legge la storia di questo emerito musicista modicano scoprirà
perché un uomo può, molte volte, non essere capace di far riconoscere i suoi
meriti, la sua grandezza. Adesso si spera che dopo la pubblicazione di questo
libro, di interesse storico, ma soprattutto sociologico e psicologico, si possa
avere il tempo per onorare la memoria di questo certamente grande musicista
modicano.
Gino Carbonaro