2012/04/24

PRETI & bambini abbandonati nella Sicilia di una volta


Preti in Sicilia e bambini abbandonati


   I Siciliani non avevano un buon rapporto con i preti. Il che giustifica la notevole quantità di proverbi che ne dicono male. Ai primi dell’800, secondo la testimonianza dell’abate Paolo Balsamo, [1] il rapporto dei preti in Sicilia era di 1,8 per ogni cento abitanti: quasi cento preti ogni seimila anime. Considerato il potenziale economico della Manomorta [2]  e le ristrettezze dell’epoca (300 mendicanti per i 6000 abitanti di Chiaramonte Gulfi) potersi fare prete era, per i tempi, come una vincita al lotto. Se si tiene conto che l’economia era fondata sull’agricoltura e che il 90% degli uomini lavorava in campagna e tornava a casa il sabato sera, mentre i preti restavano in città, e le donne erano senza marito, si può spiegare quanto abbiamo detto sopra. Chi scrive, ricorda che quando era piccolo, erano non pochi i  mariti che progettavano di bastonare preti. Si trattava di sacerdoti che avevano il vezzo di disturbare le donne o che passavano per “dongiovanni”.

   Nel medioevo i figli dei Papi si chiamavano nipoti. A Scicli i figli illegittimi abbandonati venivano portati alla ruota degli orfanotrofi. Ognuno di questi trovatelli veniva registrato con il nome di Trovato a Scicli, Esposito a Napoli, Projetto a Roma,  Novello o Novelli a Padova.  Erano nati i cognomi!


[1] Paolo Balsamo, Giornale del viaggio fatto in Sicilia e particolarmente nella Contea di Modica, Rotary Club, 1969
[2] Manomorta: sono così definiti i beni immobili della Chiesa di una volta. La denominazione derivava dal fatto che la Chiesa prendeva donazioni e lasciti con una mano (la destra), ma non rivendeva, non redistribuiva i beni che finivano di esistere per gli altri, anche per lo Stato, dal momento che detti beni erano esenti da imposte. Per questo una mano (la sinistra) era “morta”.

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