Controversia su un grande musicista
Antonio Salieri
Nato
a Legnago (Verona) nel 1750, Antonio Salieri è morto a Vienna nel 1825. Fu "Maestro di Cappella" e "Compositore di Corte" presso gli Asburgo. Famosissimo ai suoi tempi, ebbe come
allievi Beethoven, Schubert, Liszt, Meyerbeer, Czerny, e lo stesso figlio di Mozart, Franz Xavier Wolfgang.
Gli Asburgo, che lo tennero
in grande considerazione, nel 1778 lo incaricarono di comporre "L’Europa
riconosciuta", opera lirica con la quale fu inaugurato il "Teatro alla Scala" di Milano.
Salieri è presente nel film Amadeus di MiloŠ Forman, dove si racconta la vita di Mozart. Nella Vienna del tempo, il regista cecoslovacco ci presenta una corte imperiale pigra, ottusa,
sonnolenta, che prediligeva una musica morta, che sarebbe stata poi quella di Salieri, ma non riusciva a capire la grandezza di Mozart.
E ancora, in un passaggio finale del film, Salieri viene fatto passare come responsabile della morte del grande musicista di Salisburgo. Il danno apportato alla figura del compositore di Legnago, da parte di questo regista, e nell’insieme, dal soggettista Peter Shaffer, e dal produttore Zaentz, è stato inqualificabile.
Il film in questione, metteva in risalto la grandezza di Mozart da una parte, e la ottusa cattiveria e invidia di un uomo che avrebbe fatto ricorso all’omicidio per eliminare l'odioso rivale. Giudizio tanto più grave in quanto non giustificato, come vedremo in seguito, e non provato.
E ancora, in un passaggio finale del film, Salieri viene fatto passare come responsabile della morte del grande musicista di Salisburgo. Il danno apportato alla figura del compositore di Legnago, da parte di questo regista, e nell’insieme, dal soggettista Peter Shaffer, e dal produttore Zaentz, è stato inqualificabile.
Il film in questione, metteva in risalto la grandezza di Mozart da una parte, e la ottusa cattiveria e invidia di un uomo che avrebbe fatto ricorso all’omicidio per eliminare l'odioso rivale. Giudizio tanto più grave in quanto non giustificato, come vedremo in seguito, e non provato.
Il pregiudizio su Antonio Salieri
Oggi, Antonio Salieri è musicista conosciuto quasi solamente nel mondo degli addetti ai lavori. Conosciuto, ma non molto studiato. E, quello che si sa di lui ci arriva indirettamente, leggendo qualche biografia di Mozart. Da sempre, però, qualcuno ha avuto il sospetto che quanto di negativo si tramanda ancora oggi sul conto di Salieri
è stato il risultato di sospetti e maldicenze che dopo la morte di Mozart qualcuno ha fatto circolare ad arte nella Vienna del tempo.
A confronto con Mozart, il giudizio su Antonio Salieri è stato sempre non positivo. Mozart
rappresentava il divino, il genio, la mano destra, mentre Salieri veniva presentato come personaggio opportunista, quasi malefico, e con un alone
sinistro.
È chiaro che nell’accingerci a riascoltare a distanza di secoli la musica di Salieri si è sottoposti a una “inferenza”, che dis-turba la serenità del giudizio. Ed è chiaro che, se si vuole essere obiettivi nell’ascolto, bisogna rimuovere in maniera decisa il macigno del pre-giudizio che cova dentro di noi. Pulire bene la lavagna della mente da ogni possibile interferenza. E questo non è facile.
Per entrare nel mondo del nostro Autore, è necessario capire innanzitutto perché la corte imperiale degli Asburgo aveva designato Antonio Salieri, "Kammercomponist", Compositore di Corte, preferendolo ad altri musicisti che la storia ha poi filtrato come degni di fama.
Qualche titubanza
La domanda che ci si pone è la seguente: erano veramente incompetenti questi protagonisti della corte asburgica, che fra l'altro erano grandi ascoltatori di musica? (1) Il nostro riferimento va all'imperatrice Maria Teresa d'Austria, che nel 1774, nomina il "ventiquattrenne" Salieri Kapellmeister, dandogli negli anni a venire l'incarico di comporre "L'Europa riconosciuta", opera lirica con la quale il 3 agosto 1778 fu inaugurato a Milano il "Nuovo Regio Ducal Teatro", cioè l'attuale "Teatro alla Scala".
Al tempo, Salieri ha solo 28 anni.
Milano - Teatro alla Scala
E' d'obbligo chiedersi, quale gelosia poteva nutrire nei confronti di Mozart un musicista stimato e protetto dall'imperatore d'Austria, e per di più superdecorato? E ci si chiede ancora perché, in occasione della prima del "Flauto Magico" (Die Zauberflöte) " (1791), due mesi prima di morire, Mozart abbia scritto la seguente lettera alla moglie Constanze, che incinta del sesto figlio (Franz Xavier Wolfgang) si trovava presso la stazione termale di Baden bei Wien:
" Mogliettina adorata,
Ieri, alle sei sono andato a prendere Salieri e Katherina Cavalieri (famoso soprano: nota) e li ho condotti nel palco. Non puoi immaginare quanto siano stati gentili entrambi, quanto sia piaciuta loro non solo la mia musica, ma il libretto e tutto l'insieme. Hanno detto che è un'opera degna di essere rappresentata in occasione delle più solenni festività davanti ai più grandi monarchi, e che certo l'avrebbero rivista altre volte, non avendo mai assistito a uno spettacolo più bello e più gradevole. Lui (Salieri) ha ascoltato e guardato con la massima attenzione, e dalla sinfonia all'ultimo coro non c'è stato brano che non gli abbia strappato un "bravo" o un "bello", e non finivano mai di ringraziarmi per il piacere che avevo procurato loro".
Il "Flauto magico" fu inaugurato al "Theater aut der Wieden" di Vienna il 30 settembre 1791. Mozart morirà due mesi dopo.
I rapporti fra Salieri e Mozart
I rapporti fra i due musicisti erano formalmente cordiali, e Mozart teneva molto al giudizio di Salieri, considerata la competenza musicale che gli veniva riconosciuta da tutti e lo status che gli derivava dai due prestigiosi ruoli all'interno della corte imperiale asburgica. E, tanto è dimostrato dalla lettera scritta alla moglie, che essendo in forma privata si suppone veritiera.
Rapporti buoni, dunque, confermati anche dal fatto che in occasione della "nomination" a Maestro di composizione (1786) Salieri aveva diretto "Le nozze di Figaro", opera appena composta di Mozart. Ma, accadrà altre volte che Salieri diriga opere di Mozart, così come il 15 novembre 1790, in occasione della incoronazione di Leopoldo II d'Asburgo-Lorena, quando Salieri dirige in Chiesa due opere sacre di Mozart.
Maria Teresa d'Austria
Imperatrice consorte
1740-1780
Comunque, a sostegno di queste nomine "imperiali" c’è una notizia storica che non
può essere sottovalutata: il fatto che Salieri fu maestro di Schubert, Meyerbeer, Liszt [2], Czerny, e di Beethoven (che gli dedicò tre sonate), compositori che
non sono stati gli ultimi arrivati nella musica di tutti i tempi. E tranne Schubert e Czerny, nessuno dei sunnominati musicisti era austriaco. Difatti, Liszt era ungherese, gli altri erano tedeschi trasferiti a Vienna per seguire le lezioni di Salieri, oltre che per risiedere in quella che veniva considerata la culla della cultura musicale del tempo.
Ma, si sa ancora che Salieri ha dato lezioni di musica e di contrappunto allo stesso figlio di Mozart![3]
E, se ha dato lezioni a Franz Xavier Wolfgang Mozart, che diventò poi compositore, pianista e direttore d'Orchestra, è chiaro che ogni diceria o sospetto negativo sul conto del Nostro non erano giunti alle orecchie di Constanze, l'amata consorte di Mozart, che consegnò il figlio al grande e riconosciuto Maestro di Cappella, "dopo" la morte di Mozart.
Potrebbe semmai essere vero il contrario: che i risentimenti (se mai ci sono stati) erano proprio di Mozart che, sempre in ristrettezze economiche (morì con 3000 fiorini di debito) ebbe da dire, quando si vide scivolare di mano l'incarico di maestro di clavicembalo della Principessa Württemberg. Incarico che fu assegnato a Salieri. Ciò malgrado, non bisogna dimenticare che in una giornata di neve e di gelo di quel 5 dicembre del 1791, nella Cattedrale di Santo Stefano, Salieri fu tra i pochissimi presenti al funerale di Mozart.
Alla ricerca del capro espiatorio
Che poi Mozart, da sempre cagionevole di salute, sia morto a causa di una intossicazione, è probabilmente vero, ma si trattò non di "acqua tofana", come lamentava Wolfgang alla moglie, ma di "mercurio" che i medici del tempo prescrivevano con estrema leggerezza ai loro pazienti. Basta ricordare la fine di Niccolò Paganini (1782-1840) affetto da sifilide, e la sua risaputa cura a base di "medicamenti mercuriali", che lentamente quanto inesorabilmente danneggiavano i reni, provocando il conseguente avvelenamento del paziente. Eppure, la medicina del tempo prescriveva mercurio come purgante, vermifugo, antiluetico, e ancora contro piattole, pulci e pidocchi. Una sorta di antibiotico del tempo che nel breve curava, ma nel lungo termine portava il malato alla tomba.
Incredibile ma vero, questo farmaco "miracoloso" fu usato in medicina fino ai primi del Novecento, e per la lue fino a tutti gli anni Cinquanta del secolo scorso (vedi, "Botti del Campailla" a Modica, Sicilia). C'è voluto molto tempo prima di capire quali erano gli "effetti" collaterali di un "metalloide" introdotto nell'organismo umano.
Ma, alle cure di Mozart, che aveva conosciuto abbondantemente gli effetti del mercurio, va aggiunto purgante e salasso, soprattutto, che la medicina del tempo prescriveva anche più volte al giorno, sottraendo al paziente fino a tre litri di sangue a settimana. E non c'è dubbio che molti pazienti morirono per shock emorragico, non escluso il Nostro. Scrive Georg Nikolaus Nissen, diplomatico danese, secondo marito di Constanze, e primo biografo di Mozart..
"Poco prima della morte di Mozart, il medico curante dr. Closset dispose come ultima ratio un "ulteriore" salasso. Subito dopo, le forze vennero meno e subentrò lo stato di incoscienza dal quale il Maestro non si risvegliò più".
Se veleno ci fu, nell'avvelenare Mozart, il merito andrebbe riconosciuto "prima di tutto" ai medici, e alla medicina del tempo.
La morte di Mozart
Ma, si sa ancora che Salieri ha dato lezioni di musica e di contrappunto allo stesso figlio di Mozart![3]
1791-1844
E, se ha dato lezioni a Franz Xavier Wolfgang Mozart, che diventò poi compositore, pianista e direttore d'Orchestra, è chiaro che ogni diceria o sospetto negativo sul conto del Nostro non erano giunti alle orecchie di Constanze, l'amata consorte di Mozart, che consegnò il figlio al grande e riconosciuto Maestro di Cappella, "dopo" la morte di Mozart.
Potrebbe semmai essere vero il contrario: che i risentimenti (se mai ci sono stati) erano proprio di Mozart che, sempre in ristrettezze economiche (morì con 3000 fiorini di debito) ebbe da dire, quando si vide scivolare di mano l'incarico di maestro di clavicembalo della Principessa Württemberg. Incarico che fu assegnato a Salieri. Ciò malgrado, non bisogna dimenticare che in una giornata di neve e di gelo di quel 5 dicembre del 1791, nella Cattedrale di Santo Stefano, Salieri fu tra i pochissimi presenti al funerale di Mozart.
Alla ricerca del capro espiatorio
Che poi Mozart, da sempre cagionevole di salute, sia morto a causa di una intossicazione, è probabilmente vero, ma si trattò non di "acqua tofana", come lamentava Wolfgang alla moglie, ma di "mercurio" che i medici del tempo prescrivevano con estrema leggerezza ai loro pazienti. Basta ricordare la fine di Niccolò Paganini (1782-1840) affetto da sifilide, e la sua risaputa cura a base di "medicamenti mercuriali", che lentamente quanto inesorabilmente danneggiavano i reni, provocando il conseguente avvelenamento del paziente. Eppure, la medicina del tempo prescriveva mercurio come purgante, vermifugo, antiluetico, e ancora contro piattole, pulci e pidocchi. Una sorta di antibiotico del tempo che nel breve curava, ma nel lungo termine portava il malato alla tomba.
Incredibile ma vero, questo farmaco "miracoloso" fu usato in medicina fino ai primi del Novecento, e per la lue fino a tutti gli anni Cinquanta del secolo scorso (vedi, "Botti del Campailla" a Modica, Sicilia). C'è voluto molto tempo prima di capire quali erano gli "effetti" collaterali di un "metalloide" introdotto nell'organismo umano.
Schönbrunn
1758
1758
(Antonio Canaletto)
"Poco prima della morte di Mozart, il medico curante dr. Closset dispose come ultima ratio un "ulteriore" salasso. Subito dopo, le forze vennero meno e subentrò lo stato di incoscienza dal quale il Maestro non si risvegliò più".
Se veleno ci fu, nell'avvelenare Mozart, il merito andrebbe riconosciuto "prima di tutto" ai medici, e alla medicina del tempo.
La morte di Mozart
Certamente, la morte di Mozart, avvenuta a soli 35 anni (5 dicembre 1791), un anno dopo la morte dell'imperatore Giuseppe II (20 febbraio 1790), e un anno prima della morte del successore Leopoldo d'Asburgo-Lorena (1 marzo 1792), avrà scioccato il bel mondo della capitale austriaca. E tante saranno state le ipotesi sulla morte non solo di Mozart, ma anche dei due imperatori, cui fece seguito ancora un anno dopo, la morte della regina Maria Antonietta d'Austria (1793) altra figlia dell'imperatrice Maria Teresa e moglie ghigliottinata di Luigi XVI di Borbone. E, non era lontano dal vero l'arcivescovo Schülzer della Cattedrale di Santo Stefano, anche lui sconvolto dagli incredibili eventi, se nel bel mezzo di un sermone ebbe ad esclamare: "Mala tempora currunt!"
La inconscia visione manichea che divide gli umani in buoni e cattivi si attivò subdola alla ricerca di un capro espiatorio, e qualcuno credette di trovarlo proprio nell'italiano Salieri, che della corte asburgica era stato da sempre percepito come "Deus ex machina", ma in quanto italiano, anche come corpo e-straneo (con tutte le accezioni che l'aggettivo porta con sé).
Allora, molti si convinsero che un musicista immortale, come già era considerato Mozart, non poteva morire così giovane, e nessuno era disposto a dubitare che un complotto o una "majaria" stava alla base del triste evento. Così, le calunnie cominciano a volare, si insinuano nella mente dei più, si consustanziano, e.. "Vox populi, vox Dei", la credenza si trans-forma in verità.
A tutto ciò, bisogna aggiungere che proprio in questo periodo cominciano a confrontarsi due culture musicali: quella italiana rappresentata da Salieri, e quella germanica rappresentata dal genio di Salisburgo. E, sarà per merito di Mozart, se i tedeschi poterono ascoltare le prime opere liriche totalmente in lingua tedesca. Ci si riferisce a "Die Entführung aus dem serail" (Il ratto dal serraglio) e "Die Zauberflöte" (Il flauto magico).
Anche per questo, si satanizza Salieri e si santifica Mozart. Si tratta di sfere simboliche che agiscono a livello inconscio e condizionano i giudizi.
Lo scrittore Alexander Puškin, trentanove anni dopo la morte di Mozart, fa sua la diceria dell'avvelenamento di Mozart e dell'invidia di Salieri per il grande musicista, e dedica all'evento un piccolo dramma in versi, titolato "Invidia" e poco dopo "Mozart e Salieri" (1830), che nel 1898 verrà musicato da Rimsky-Korsakoff. E' questo lo scritto che tramuterà quella diceria dell'untore in una sorta di ver-detto storico, che farà dire a qualcuno: "Se Salieri non ha ucciso Mozart, di sicuro Puškin ha ucciso Salieri".
Ma, tutto ciò, non ha niente a che vedere con il fatto che Salieri è stato un grande musicista e didatta, e che la sua musica è sublime.
Se il falso viene consegnato al Tribunale della Storia, questo non è colpa del musicista di Legnago, ma va ricercato nei perversi labirinti della mente umana.
La inconscia visione manichea che divide gli umani in buoni e cattivi si attivò subdola alla ricerca di un capro espiatorio, e qualcuno credette di trovarlo proprio nell'italiano Salieri, che della corte asburgica era stato da sempre percepito come "Deus ex machina", ma in quanto italiano, anche come corpo e-straneo (con tutte le accezioni che l'aggettivo porta con sé).
Allora, molti si convinsero che un musicista immortale, come già era considerato Mozart, non poteva morire così giovane, e nessuno era disposto a dubitare che un complotto o una "majaria" stava alla base del triste evento. Così, le calunnie cominciano a volare, si insinuano nella mente dei più, si consustanziano, e.. "Vox populi, vox Dei", la credenza si trans-forma in verità.
A tutto ciò, bisogna aggiungere che proprio in questo periodo cominciano a confrontarsi due culture musicali: quella italiana rappresentata da Salieri, e quella germanica rappresentata dal genio di Salisburgo. E, sarà per merito di Mozart, se i tedeschi poterono ascoltare le prime opere liriche totalmente in lingua tedesca. Ci si riferisce a "Die Entführung aus dem serail" (Il ratto dal serraglio) e "Die Zauberflöte" (Il flauto magico).
Anche per questo, si satanizza Salieri e si santifica Mozart. Si tratta di sfere simboliche che agiscono a livello inconscio e condizionano i giudizi.
Lo scrittore Alexander Puškin, trentanove anni dopo la morte di Mozart, fa sua la diceria dell'avvelenamento di Mozart e dell'invidia di Salieri per il grande musicista, e dedica all'evento un piccolo dramma in versi, titolato "Invidia" e poco dopo "Mozart e Salieri" (1830), che nel 1898 verrà musicato da Rimsky-Korsakoff. E' questo lo scritto che tramuterà quella diceria dell'untore in una sorta di ver-detto storico, che farà dire a qualcuno: "Se Salieri non ha ucciso Mozart, di sicuro Puškin ha ucciso Salieri".
Ma, tutto ciò, non ha niente a che vedere con il fatto che Salieri è stato un grande musicista e didatta, e che la sua musica è sublime.
Alexander Puškin
Se il falso viene consegnato al Tribunale della Storia, questo non è colpa del musicista di Legnago, ma va ricercato nei perversi labirinti della mente umana.
Successo in vita
e lento declino delle opere di Salieri
Se, Salieri è uscito dalla "rosa dei grandi", ciò è dovuto soprattutto ad altri motivi, che cercheremo di valutare, senza escludere il danno che all'epoca fu causato dalla pubblicazione e divulgazione del dramma dello scrittore russo e ultimamente dal film "Amadeus".
Nel musicare quel soggetto, Mozart era stato impudente e imprudente. Il testo del libretto - come si è detto - anche se scritto in italiano, fu recepito nel giusto senso dall'aristocratico pubblico presente al Burgtheater, e le ripercussioni su Mozart non si fecero attendere. Da quel momento, fino alla sua morte, Mozart troverà difficile reperire committenti per opere liriche, e genitori che venissero a bussare alla sua porta per chiedere lezioni di musica per i loro figli.
Di tutt'altro genere erano i libretti composti sempre da Lorenzo Da Ponte per Antonio Salieri. Rivediamo insieme la trama dell'opera lirica "Axur, re d'Ormus".
Axur è un re-tiranno di un paese immaginario, che in una battaglia viene salvato da morte sicura da Atar, suo fedele condottiero. Axur dovrebbe essere riconoscente verso chi gli ha salvato la vita, invece, re-ingrato, tenterà di farlo uccidere per impossessarsi di Aspasia, fedele moglie di Atar. Tutta l'opera, poi, risuona di frasi che riecheggiano la fedeltà di Atar al suo re..
"La vita io gli donai, ella è tutta del mio re.."
oppure,
" Sire, a ubbidir io volo.."
e ancora,
" Pronto sono a ubbidir".
Fedeltà estrema di un condottiero al suo re. Alla fine, però, proprio quando Atar è preso prigioniero dalle guardie di Axur che hanno l'ordine di ucciderlo, il popolo si ribella invade il palazzo reale, e chiede la morte di Axur tiranno per offrire la corona di re ad Atar. Ma, qui la sorpresa. Atar difende il re-tiranno sulla base di una fedeltà inossidabile, e... quella che sin dall'inizio si è configurata come tragedia, si trasforma in dramma a lieto fine, che chiude con queste parole che Atar rivolge ad Axur: "
ascoltatori di corte, che si riconoscevano negli eroici protagonisti delle opere liriche. Ed è risaputo che nel melodramma l'argomento del libretto è stato da sempre non meno importante della composizione. [6]
Il cambiamento dei gusti, subito dopo la Rivoluzione Francese, contribuisce non poco al cambiamento degli interessi degli ascoltatori. Nessuno insomma voleva più saperne di riascoltare la storia del re Axur, di Trofonio, di Giovanna la Pazza, di Semiramide, e altre opere firmate da Antonio Salieri.
Le opere del musicista di Legnago cominciarono lentamente a non essere più e-seguite, perché subito dopo la Rivoluzione Francese, Salieri vivente, si registra nel pubblico europeo un cambiamento dei gusti. La lirica di Salieri sottostava, sia nel contenuto (testo) che nella forma, a una poetica diversa da quella che gli eventi cominciavano a richiedere. In ciò, va considerata la novità dei libretti teatrali, che con Rossini (1792-1868) e il suo Barbiere
di Siviglia portavano in scena protagonisti popolari e storie dal contenuto democratico. Per non parlare de "Le nozze di Figaro" di Mozart, che qualcuno considerò un grosso errore tattico del grande musicista, e l'inizio dei suoi problemi economici. Vediamo di cosa tratta..
"Le Nozze di Figaro" raccontano di un Conte di Almaviva, innamorato di Susanna, una sua serva promessa sposa a Figaro, che pretendeva applicare un assurdo (oggi, per noi) diritto medievale, lo "Jus primae noctis". Si trattava di una consuetudine obsoleta, che il conte pretendeva riesumare. Ma, nella storia c'è dell'altro. Figaro e Susanna sono due servi che si prendono gioco del loro padrone, che è un aristocratico. E, questo non poteva andar giù alla maggior parte degli spettatori. Per non dire che il libretto era zeppo di succulente frasi a doppio senso. Basta ricordare il famoso distico cantato da Figaro..
"Se vuol ballare, signor Contino,
il chitarrino le suonerò!"
Dove, il significato recondito della frase è il seguente: "Se lei caro signor Conte continua a disturbare la mia Susanna, "gliela farò vedere" io, perché io "gliele suonerò", col chitarrino, cioè col "bastoncino".
"Le Nozze di Figaro" raccontano di un Conte di Almaviva, innamorato di Susanna, una sua serva promessa sposa a Figaro, che pretendeva applicare un assurdo (oggi, per noi) diritto medievale, lo "Jus primae noctis". Si trattava di una consuetudine obsoleta, che il conte pretendeva riesumare. Ma, nella storia c'è dell'altro. Figaro e Susanna sono due servi che si prendono gioco del loro padrone, che è un aristocratico. E, questo non poteva andar giù alla maggior parte degli spettatori. Per non dire che il libretto era zeppo di succulente frasi a doppio senso. Basta ricordare il famoso distico cantato da Figaro..
"Se vuol ballare, signor Contino,
il chitarrino le suonerò!"
Dove, il significato recondito della frase è il seguente: "Se lei caro signor Conte continua a disturbare la mia Susanna, "gliela farò vedere" io, perché io "gliele suonerò", col chitarrino, cioè col "bastoncino".
Concetto questo, che avrà rappresentato uno spasso per il librettista Lorenzo Da Ponte e per il nostro Mozart burlone, ma che era inaccettabile per l'aristocrazia imperiale del tempo, anche se l'opera - va detto - era stata ascoltata personalmente e "ratificata" dall'imperatore Giuseppe II.
Eppure, tutta la trama dell'opera, a due anni dallo scoppio della Rivoluzione Francese, risulta dissacratoria, per non dire rivoluzionaria, in un momento storico in cui contestare la potente nobiltà mettendosi dalla parte dei poveri era reato passibile di frustate, e di altro ancora, come sperimentò Mozart sulla sua pelle.
Eppure, tutta la trama dell'opera, a due anni dallo scoppio della Rivoluzione Francese, risulta dissacratoria, per non dire rivoluzionaria, in un momento storico in cui contestare la potente nobiltà mettendosi dalla parte dei poveri era reato passibile di frustate, e di altro ancora, come sperimentò Mozart sulla sua pelle.
Nobiltà Austriaca
Gruppo di Famiglia
Gruppo di Famiglia
(Anonimo)
Nel musicare quel soggetto, Mozart era stato impudente e imprudente. Il testo del libretto - come si è detto - anche se scritto in italiano, fu recepito nel giusto senso dall'aristocratico pubblico presente al Burgtheater, e le ripercussioni su Mozart non si fecero attendere. Da quel momento, fino alla sua morte, Mozart troverà difficile reperire committenti per opere liriche, e genitori che venissero a bussare alla sua porta per chiedere lezioni di musica per i loro figli.
Di tutt'altro genere erano i libretti composti sempre da Lorenzo Da Ponte per Antonio Salieri. Rivediamo insieme la trama dell'opera lirica "Axur, re d'Ormus".
Axur è un re-tiranno di un paese immaginario, che in una battaglia viene salvato da morte sicura da Atar, suo fedele condottiero. Axur dovrebbe essere riconoscente verso chi gli ha salvato la vita, invece, re-ingrato, tenterà di farlo uccidere per impossessarsi di Aspasia, fedele moglie di Atar. Tutta l'opera, poi, risuona di frasi che riecheggiano la fedeltà di Atar al suo re..
"La vita io gli donai, ella è tutta del mio re.."
oppure,
" Sire, a ubbidir io volo.."
e ancora,
" Pronto sono a ubbidir".
Fedeltà estrema di un condottiero al suo re. Alla fine, però, proprio quando Atar è preso prigioniero dalle guardie di Axur che hanno l'ordine di ucciderlo, il popolo si ribella invade il palazzo reale, e chiede la morte di Axur tiranno per offrire la corona di re ad Atar. Ma, qui la sorpresa. Atar difende il re-tiranno sulla base di una fedeltà inossidabile, e... quella che sin dall'inizio si è configurata come tragedia, si trasforma in dramma a lieto fine, che chiude con queste parole che Atar rivolge ad Axur: "
"Tutti tutti morremo per te
il miglior abbiam noi di ogni re".
Finale a sorpresa, con il quale la coppia Da Ponte-Salieri massaggiava l'ego dell'Imperatore Giuseppe II e della Corte imperiale. Quella era la storia che voleva sentire la nobiltà. Gli ingredienti c'erano tutti: un re, l'amore-poesia che fa sognare il mondo, gli intrighi, la fedeltà, la morte. Insomma, una bella storia con una musica sublime, perché l'opera è veramente bella, così come aveva intuito Giuseppe II.
Questo schema riassuntivo non fa però giustizia della qualità del libretto di Lorenzo Da Ponte, sicuramente eccezionale e capace di trasmettere emozioni anche se letto senza supporto musicale. Poeticità di un libretto, e impianto della storia perfetta nell'equilibrio delle parti, e geniale anche per la presenza del coro che interviene secondo i moduli della tragedia greca e comunque tale da far dire a qualcuno che, se nel comporre Axur, re d'Ormus Salieri procedeva agevolmente, il merito era anche della struttura del libretto, dove si rileva la estrema professionalità di Da Ponte. E se ciò corrisponde al vero, sarebbe stato auspicabile che Giuseppe II avesse dato una medaglia d'oro "per la migliore opera mai composta", anche a Lorenzo Da Ponte, e non solo al compositore. Sulla stessa stregua si svolgono le altre 37 opere di Salieri, con temi i cui destinatari erano gli..
Concerto da camera
Il cambiamento dei gusti, subito dopo la Rivoluzione Francese, contribuisce non poco al cambiamento degli interessi degli ascoltatori. Nessuno insomma voleva più saperne di riascoltare la storia del re Axur, di Trofonio, di Giovanna la Pazza, di Semiramide, e altre opere firmate da Antonio Salieri.
Il musicista di Legnago va quindi “in sonno”, ma non solo per il cambiamento del gusto, ma anche per una incisiva concorrenza del mercato musicale ad opera di compositori lirici
d’eccezione fra cui lo stesso Mozart, e subito dopo Rossini, Bellini, Donizetti, e altri. E, ancora, per il fatto che dalla seconda metà del Settecento si impone sul campo musicale il concertista "girovago" (Vivaldi, Paganini, Chopin, Liszt, e prima ancora lo stesso Mozart) che non può mettere in programma musiche di Salieri, che pur
essendo stato clavicembalista, violinista e clarinettista, non ha composto molte sonate per
questi strumenti. E, en passant, va detto, che proprio per questo, Paganini, Chopin, Liszt sono stati "obbligati" a scoprirsi compositori per accontentare il loro pubblico.
Ma, a guardar bene, non è solo Salieri che esce di scena. Per tutto l’Ottocento, nessuno si ricorderà più neanche di Vivaldi, per il quale bisognerà attendere il 1905 e la "Trattazione" di Arnold Schering, perché al grande violinista si riconoscesse il ruolo centrale che detiene tuttora nella storia della musica. E con tutto ciò, bisognerà avere ancora pazienza e aspettare i primi anni della seconda guerra mondiale per ascoltare con una certa frequenza Vivaldi alla radio.
Ma, il "Prete Rosso" e Antonio Salieri sono in ottima compagnia, se si pensa che oggi pochissimi parlano di Meyerbeer, che è stato fra i grandi compositori dell’Ottocento. Ma, qui la causa è comprensibile: i melodrammi di Meyerbeer erano opere faraoniche, alla stregua dell'Aida di Verdi, e la mise en scène costosissima da realizzare; [7] e se all’inizio, le opere, così come i colossal americani, furono un espediente per attirare il pubblico, in seguito fu proprio questo ciò che scoraggiò gli impresari teatrali a riproporre le opere di questo eccezionale compositore. Eppure, basta ascoltare la Callas che canta qualcuna delle arie di Meyerbeer per rendersi conto della grandezza di questo musicista ebreo-tedesco, che da tempo non appare più nei programmi teatrali.
Salieri,
dunque, subisce la stessa sorte di altri musicisti, e “passa di moda” come un
bellissimo vestito del Settecento che nessuno indossa più. Ma, Antonio Salieri resta sublime compositore per motivi
che lo rendono tuttora moderno, fruibile e meritevole di essere nuovamente ri-valorizzato, così come è accaduto per Vivaldi. Bisognerà solo aspettare che nasca un altro Arnold Schering. Ma, forse è già nato. Almeno, si spera.
Vienna - National Theater
Poetica di Salieri e "Variazioni" al tema
La grandezza del Maestro di Legnago poggia soprattutto sulla sua poetica musicale [8] che sostanzialmente si basa sui seguenti concetti..
1. Per Salieri, la musica eccelsa è solo quella sinfonica. Quella che si realizza con l’apporto corale di tutti gli strumenti. Per il maestro Salieri, ogni strumento orchestrale va considerato come il dito di una grande mano: importante non per sé, ma in quanto parte di una struttura, e nel nostro caso parte dell’orchestra sinfonica.
2. La vera musica non sta nella originalità del tema, ma nella originalità delle variazioni al tema. E, nelle liriche di Salieri la variazione è di volta in volta interpretata da uno strumento che a turno si esibisce dialogando con l'orchestra. Così, in molte opere di Salieri, i protagonisti non sono solo i cantanti, non è l'importanza del libretto (ma, "Prima la musica, poi le parole", come sottolineato in un'opera buffa del 1786), ma sono gli strumenti che si propongono con le loro variazioni, diverse, per ogni strumento che si esibisce. E in un'opera ce ne saranno tante (di variazioni), quanti sono gli strumenti di una orchestra sinfonica. E, le variazioni di una tromba, di un violino o di un fagotto, per esemplificare, saranno diverse da quelle dell'arpa, e anche da quelle dei tamburi ai quali è spesso dato un loro spazio interpretativo e una loro dignità musicale nel contesto dell'opera lirica. Per ogni strumento, Salieri cerca di rispettare la sua (dello strumento) "personalità", la sua timbrica, la sua anima. E non è lavoro da poco.
Con tutto ciò,
Salieri non dimentica la coralità dell'orchestra sinfonica, che per lui resta sempre un mezzo per sviluppare una sorta di ikebana musicale, che si realizzerà in un dialogo con gli altri strumenti concertanti, che, a seconda degli accostamenti, degli
impasti sonori e delle stratificazioni [10]
fatte con altri strumenti, porta a un risultato sonoro insospettato, ma
funzionale al discorso operistico proposto.
In buona sintesi, il meglio della produzione musicale di Salieri va ricercato nelle variazioni al tema principale, che lo stesso introduce ad ogni piè sospinto. Si pensi alle 26 variazioni inserite surrettiziamente nella "Follia di Spagna", [11] per interpretare il dramma di una regina folle. E si tratta di uno dei capolavori della musica di tutti i tempi. E ancora vanno ricordate le variazioni che aprono la Veneziana, e ancora al terzo movimento del Triplo Concerto, che è variazione tipicamente salieriana, in quanto non prevista dai canoni classici del concerto tradizionale [12].
https://www.youtube.com/watch?v=y562ZHhppUQ
1. Per Salieri, la musica eccelsa è solo quella sinfonica. Quella che si realizza con l’apporto corale di tutti gli strumenti. Per il maestro Salieri, ogni strumento orchestrale va considerato come il dito di una grande mano: importante non per sé, ma in quanto parte di una struttura, e nel nostro caso parte dell’orchestra sinfonica.
2. La vera musica non sta nella originalità del tema, ma nella originalità delle variazioni al tema. E, nelle liriche di Salieri la variazione è di volta in volta interpretata da uno strumento che a turno si esibisce dialogando con l'orchestra. Così, in molte opere di Salieri, i protagonisti non sono solo i cantanti, non è l'importanza del libretto (ma, "Prima la musica, poi le parole", come sottolineato in un'opera buffa del 1786), ma sono gli strumenti che si propongono con le loro variazioni, diverse, per ogni strumento che si esibisce. E in un'opera ce ne saranno tante (di variazioni), quanti sono gli strumenti di una orchestra sinfonica. E, le variazioni di una tromba, di un violino o di un fagotto, per esemplificare, saranno diverse da quelle dell'arpa, e anche da quelle dei tamburi ai quali è spesso dato un loro spazio interpretativo e una loro dignità musicale nel contesto dell'opera lirica. Per ogni strumento, Salieri cerca di rispettare la sua (dello strumento) "personalità", la sua timbrica, la sua anima. E non è lavoro da poco.
In buona sintesi, il meglio della produzione musicale di Salieri va ricercato nelle variazioni al tema principale, che lo stesso introduce ad ogni piè sospinto. Si pensi alle 26 variazioni inserite surrettiziamente nella "Follia di Spagna", [11] per interpretare il dramma di una regina folle. E si tratta di uno dei capolavori della musica di tutti i tempi. E ancora vanno ricordate le variazioni che aprono la Veneziana, e ancora al terzo movimento del Triplo Concerto, che è variazione tipicamente salieriana, in quanto non prevista dai canoni classici del concerto tradizionale [12].
https://www.youtube.com/watch?v=y562ZHhppUQ
Ma, è ancora
nella “sovrapposizione” degli “impasti” strumentali che si realizzano effetti sonori incredibili, e mai riscontrati in
altri musicisti.
Come maestro
di composizione Salieri sembra dire ai suoi allievi: “Vuoi diventare
compositore? Bene! Io ti do un tema di otto battute, tu prova a svolgerlo. Vediamo
cosa sai fare”.
Di fatto, il
tema ricorrente nelle variazioni di Salieri è lineare, semplice, a volte anche banale. Ma, se il tema
è fissato e definito, le variazioni sono libere e infinite nella loro risoluzione,
ed è lì che va cercata la genialità di questo grande compositore.
Tu ascolti le variazioni, e vorresti che non finissero mai, tanto sono belle, tanto sono spiritualmente ricche, coinvolgenti e piene di sorprese, di bellezza e di novità, una sorta di sorgente musicale fresca che non sazia mai, e sembra non esaurirsi mai. E le emozioni? Tantissime.
Questo è Salieri. Un musicista che va capito soprattutto per questa “peculiare” modalità compositiva e inventiva, ma anche per la sua creatività.
Salieri non è interessato alla sonata di un singolo strumento solista, di un primo violino, ad esempio, che sostiene i cantanti, ma è
interessato ove possibile - ripetiamo - ad un violino "concertante", che interviene da protagonista con la sua variazione, e dialoga con l’orchestra e quindi
con tutti gli altri strumenti come "primo" strumento prescelto.
Questo ruolo, Salieri risolve in modo originale, soprattutto per merito di una profonda conoscenza della polifonia. Musica raffinatissima, quella di Salieri, perché frutto di una assoluta conoscenza dell’arte della composizione, nella quale fu riconosciuto maestro anche dai competentissimi ascoltatori della corte absburgica.
Questo ruolo, Salieri risolve in modo originale, soprattutto per merito di una profonda conoscenza della polifonia. Musica raffinatissima, quella di Salieri, perché frutto di una assoluta conoscenza dell’arte della composizione, nella quale fu riconosciuto maestro anche dai competentissimi ascoltatori della corte absburgica.
Ma, qui piace ricordare le parole
riportate sulla sua lapide, nella quale è stato scritto che con Salieri la
musica cammina su note magiche verso eterne bellezze. La frase è un po’ barocca,
ma centra il concetto.
È così che
nasce una musica di una finezza e di un equilibrio assoluti. Musica che non
aggredisce l’ascoltatore e alla quale bisogna accostarsi con delicatezza, per
scoprirla, capirla e gustarla con semplicità, perché trattasi di musica che
sembra entrare in punta di piedi e non pecca mai di narcisismo e non fa uso di
effetti. Musica che "tempera" i fortissimi (fff) e i pianissimi (ppp), non poche volte figli dell’effetto.
Paradossalmente, il vero protagonista delle opere
di Salieri non sembra essere il compositore, che scandaglia il proprio inconscio per
esprimere il turbinio dei propri personali sentimenti da esibire agli altri,
come sarà per il romanticismo e, come sarà ancora per il Wagner impegnato a
cogliere nella musica lo spirito "assoluto" della nazione tedesca.
Per Salieri la
giustificazione della musica è in se stessa. Nella sua bellezza. Nel suo farsi
dolce armonia da cogliere con il candore dell’animo: originale proporsi di frasi musicali che si risolvono nell’atmosfera di un mondo di sogno, dove tutto sembra portare
in terra l’iperuraneo della musica che il compositore ha il privilegio di
cogliere nella sua essenzialità e nel suo candore.
Salieri, non ricorre al mestiere per tenere desta l’attenzione
del pubblico o ingannarlo con narcisistici effetti. La musica per Salieri è
come il cristallo, pura, trasparente, preziosa, delicata e soprattutto onesta.
E bisognerebbe insistere alquanto sul concetto di onestà di questo compositore.
Antonio Salieri non è
un romantico nella accezione classica del termine, anche se coglie, così come è
stato per l’ultimo Mozart, echi dell’incipiente romanticismo, che esalta con
delicata compostezza nella dignitosa discrezione della sua musica. Ma, appartengono altresì al pre-romanticismo le 26 variazioni della "Follia di Spagna" nelle
quali Salieri coglie il dramma di una regina folle, certamente personaggio tragico, e pertanto romantico. Ma, è ad un
romanticismo ante litteram che sembra appartenere ancora il nostro Salieri per la capacità che ha
di far leva sulla libera fantasia della variazione al tema e non sul sistema quasi matematico delle note,
come era stato per Bach, Vivaldi, e altri, per tutto il Settecento.
Dopo
queste considerazioni, un plauso sentiamo di dover rivolgere agli interpreti che hanno dato il forte
contributo alla rinascita di questo immenso compositore. Senza le buone
interpretazioni tutto diventa scadente. Senza questi eccezionali
interpreti, il discorso su Salieri avrebbe potuto essere chiuso.
Stupenda, è stata la interpretazione dell’Orchestra "Città di Verona" ed eccezionale
il suo direttore, il Maestro Enrico De Mori, che, certamente, ha dovuto impegnarsi non poco prima di cogliere negli
spartiti l’indicibile atmosfera dell’opera di Salieri, per farne poi partecipi i
suoi orchestrali. Bravissima la "Philharmonica Orchestra" e il suo direttore-pianista
Pietro Spada. Superba, l’interpretazione del "Requiem in do-minore"
ad opera dell’ "Ensemble Salieri" di Vienna diretta da Marco Ozbic.
È merito di
questi Direttori d’Orchestra l’essere riusciti a caricare di “entusiasmo” gli
interpreti, tutti “preparatissimi”, tutti sereni, [13] che hanno dato il cuore, forse con
la consapevole intenzione di riscattare il giudizio su un compositore che tutti
gli orchestrali hanno promosso a pieni voti. Senza questo riconoscimento al
merito dell’opera di Antonio Salieri non si avrebbe avuto questo splendido risultato.
Superlativi
ancora i solisti del Triplo Concerto: Giorgio Bovina, violino, Petra
Maria Teclu, violoncello, e Filippo Lanteri all’oboe. E i solisti
delle 26 Variazioni, Marco Martinello, violino, Assia Cuneo all’arpa
e tutti gli altri che non vengono citati nei risvolti di copertina del CD.
Un plauso ancora agli addetti alla registrazione, che hanno reso possibile la fruizione di queste opere.
Per chiudere, va considerato "atto dovuto" riscoprire e ri-valorizzare il musicista Antonio Salieri, se non altro per esplorare la cultura musicale della corte absburgica del tempo. Cartamente altissima e Vienna come centro di cultura importantissimo.
Gino Carbonaro
gino.carbonaro.italy@gmail.com
Carissimi,
Leonardo e Paola Cogo, non so come ringraziarvi per il regalo graditissimo che mi
avete fatto, vorrei ricambiare. Resto con un obbligo nei Vostri confronti, ma
Vi prego di ricordarVi di me qualora un’orchestra, in qualsiasi parte del mondo
dovesse fare altri “omaggi” ad Antonio Salieri.
L’Amministrazione
di Legnago, il bravissimo maestro Fabrizio Mori, e soprattutto l’Associazione
culturale Legnago 1750 “Antonio Salieri” e la sua Presidente signora Loretta
Giacomelli, hanno fatto un lavoro splendido per riscattare questo Vostro
grandissimo concittadino e questo grande della musica di tutti i tempi. E, si
consideri che per loro merito in Sicilia è nato un fan di Salieri. Il sottoscritto. Con stima,
Gino Carbonaro
C.P. 132
9710 Ragusa
e-mail: gino.carbonaro.italy@gmail. com
[1] Sull’interesse per la musica da parte della famiglia
imperiale, va ricordato che nel 1790, fu proprio Giuseppe II a dare l’incarico
a Da Ponte di scrivere il libretto di Così fan tutte (melodramma
gioioso a lieto fine); e
con molta probabilità fu sempre Giuseppe II a passare il libretto a Mozart per
musicarlo. Fatto, questo, che potrebbe anche rilevare la stima che gli Asburgo nutrivano
per Mozart.
[2] Nessuno dei quattro compositori citati abitava
stabilmente a Vienna. Nella capitale austriaca venivano per prendere lezioni di
composizione proprio da Salieri.
[3] Va messo in
conto che nel 1780 la Scala di Milano è stata
inaugurata con una sua opera. Se così è stato, Salieri non può essere l’ultimo
dei musicisti del tempo. Milano era parte dell’impero austro-ungarico. Va considerato
ancora che nel 1784 Gluck invitò Salieri a
Parigi per rappresentare la prima de Les Danaïdes, il capolavoro di
Salieri. Gluck si sentiva adulato dal fatto che Salieri applicava nelle sue
opere i princìpi da lui suggeriti per la riforma del melodramma.
[4] Si consideri che i Dizionari delle Case
Discografiche registrano in catalogo solo parti scelte di quattro o cinque
opere di Salieri.
[5]
L’opera, inaugurata a Parigi nel 1787 su libretto di Beaumarchais, aveva titolo
Tarare; replicata a Vienna l’anno successivo ne fu cambiato il titolo.
[6] Mi
viene da pensare alla Traviata di Verdi, che nella seconda metà dell’800
mette in scena il problema di una donna “diversa”.
[7] Nell’Aida, Verdi
tiene presente Meyerbeer.
[8] La poetica si evince
dall’ascolto delle opere.
[9] Ogni
compositore sa che lo strumento ha delle caratteristiche peculiari e che una
composizione per violoncello non può rendere se interpretata con un piano. E’
chiaro che le variazioni devono essere adattate allo strumento. Tanti strumenti
tante variazioni sul tema! Questo è il principio di Salieri.
[10] Chiamo stratificazione
l’uso che Salieri fa di strumenti che sembrano suonare uno sull’altro, assieme,
ma non sullo stesso piano.
[11] Un’opera lirica non può
tecnicamente sopportare il peso (in tempo) di ben 24 minuti di lirica
pura, che rompe l’equilibrio del libretto operistico. Per questo non avrebbe
potuto reggere l’esigente pubblico del XIX sec. Ma, è questo lo spazio che
Salieri dedicava a se stesso, alla libertà di inventiva della sua composizione,
e ai principi della sua poetica musicale.
[12] Mi riferisco al terzo
momento.
[13] La serenità degli orchestrali, che vengono
messi a loro agio dal direttore d’orchestra e la loro messa a punto nella
preparazione è importantissima e viene spesso sottovalutata. Basta ascoltare
alcune opere dirette da Von Karajan per capire che gli orchestrali, fra l’altro
considerati fra i più bravi del mondo, suonano a comando, come se la musica
fosse nella testa. Gli orchestrali diretti dal M° De Mori, hanno suonato come
un’unica voce.
Gino, hai fatto un grandissimo lavoro di ricerca appassionata, come sempre. Certo il mio giudizio è di parte, sono tua sorella, ti voglio bene, ma conosco anche bene la tua passione per la ricerca e la musica, per Mozart in particolare ed ora anche per Salieri. Un abbraccio . Flaminia
RispondiElimina