Barbagia
Rito dei Mamuthones
nella Barbagia
di Gino Carbonaro
a Carnevale fanno la loro apparizione i Mamuthones.
Il rito arcaico e spettacolare, unico nel suo genere, oggi si svolge in gruppo e richiama lo schema dei Lupercali romani.
Le maschere sono nere, terribili.
Mamuthones
di Mamoiada
I preparativi per il Carnevale cominciano nel giorno della festa di S. Antonio Abate, [1] ma i Mamuthones entrano in scena nel pomeriggio del martedì grasso. In quel giorno, i protagonisti, seguiti da un corteo di amici e curiosi si recano nella Casa della vestizione, che un tempo si trovava fuori dall’abitato. Lì vengono aperte le casse dove sono custoditi i costumi e, assistiti da aiutanti, danno inizio al rito sacrale della vestizione, indossando i campanacci, mentre rifanno le prove dei passi, che il gruppo dovrà eseguire in perfetto sincronismo.
L’abbigliamento del Mamuthones comprende
- Sa bisera, la terribile maschera nera di legno di castagno, oggetto apotropaico per eccellenza.
- Sa mastruca, un giaccone di montone nero senza maniche che viene indossato rovesciato.
- Su mucadore ’e tibet, un fazzoletto di donna nero messo in testa, annodato sotto il mento.
- Un numero enorme di campanacci di pecore e di mucche di ogni genere e misura, legati fra di loro da corde di cuoio, che verranno caricate sulle spalle del Mamuthones.
- Una collana di piccoli sonagli attorno al collo.
Quando tutti sono pronti, i Mamuthones si dispongono fuori della casa e, diretti da un coordinatore che detta il tempo, si muovono con passo cadenzato, battendo con forza i piedi per terra, facendo nel contempo sussultare sincronicamente i campanacci con decisi contraccolpi delle spalle. L’avanzare del gruppo è faticoso, il rumore provocato è lugubre, la performance evoca riti arcaici.
A un momento non previsto, i Mamuthones compiono tre forti sussulti dei campanacci seguiti dal rumore della sonagliera. È adesso che il gruppo cambia il passo del piede, da destro a sinistro e viceversa.
Da qualche tempo, i Mamuthones sono preceduti da un numero imprecisato di Issohadores,[2] figure simboliche senza maschera sul viso, che indossano un costume molto bello: camicia bianca, gilè rosso, pantaloni di orbace [3] nero alla zuava, stivaletti, berretto con nastri colorati e uno scialle femminile di seta attorno alla cintura.
Gli Issohadores avanzano in modo elegante, ruotando e lanciando la soca verso il pubblico: chi verrà preso sarà costretto ad offrire qualcosa, quando, a cerimonia ultimata, i protagonisti si recheranno a bere al bar. Così vuole la tradizione.
Sino ad oggi, nessuno ha saputo dare una convincente interpretazione dell’evento: c’è chi dice che i Mamuthones sono diavoli (da Maimones = diavolo, in sardo); c’è chi fa discendere il loro nome dai Moros, i nemici che i Sardi sconfissero agli inizi del IX sec; e chi collega l’evento ai 3000 africani inviati nel IV sec. in Sardegna da Genserico.
Al di fuori di queste ipotesi, nessuno può dire perché il rito seguiva questa procedura e adottava questo vestiario.
A noi sorge naturale il confronto con fra il rito dei Lupercali e quello dei Mamuthones.
I Mamuthones, si vestivano fuori dell’abitato, da dove, poi, si avviavano verso il villaggio, percorrendo i vicoli, entrando all’interno delle abitazioni, sempre scuotendo in modo lugubre, monotono, ossessivo i 36 campanacci cad., che portano sulle spalle, e sempre accolti con atteggiamento festoso da quanti li incontrano .
Alla fine, i Mamuthones si riuniscono in una trattoria dove qualcuno li aiuta a deporre maschera e campanacci. E' lì che li attende il ristoro, una cena abbondante preparata a base di fave e lardo, annaffiata da non poco vino, e sempre accompagnata da gioia e risate.
- I passi dei Mamuthones [4] sono forti, determinati, come vuole un rito arcaico ed esorcistico. Disturba non poco rilevare che oggi i passi vengono fatti con l’eleganza di chi è solito praticare le discoteche.
[1] Tre settimane prima del martedì grasso (!)
[2] Isoccadores: sono i portatori di soca, la fune che, come il lazo dei cow boy, viene fatto ruotare e lanciata per catturare animali, ma qui si cerca simbolicamente di acchiappare i mali.
[3] Orbace: Orbace: stoffa di lana tessuta a mano, tipica della Sardegna, dove è usata per i costumi regionali. Divenuta stoffa tipica delle uniformi fasciste, il termine diventò, con connotazioni spesso negative, sinonimo di divisa.
[4] Etimologicamente, il termine Mamuthones contiene la radice Mah, presente in ogni parola che ricorda qualcosa di grande, potente e anche terribile: Ma-estro, ma-re, ma-mma, ma-le, ma-mmona, ma-mmuth, ma-ni, ma-fia, Mani-thouh, ecc.
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