2012/01/24

In memoria di Francesco Veneziano

Francesco Veneziano  
Elogio funebre

La vita è un miracolo.
La morte è un mistero.
La morte di un giovane è una tragedia
Per la quale chiediamo le ragioni.

Vogliamo capire perché un fulmine deve colpire una casa
dove ci sono persone che si prodigano per il bene degli altri.
Vogliamo capire perché coloro che fanno bene  devono ricevere in cambio il più crudele dei mali.

Non può essere un conforto per Maria Teresa, la madre di Francesco, sapere che lei porta il nome di un’altra madre che ha perduto un figlio della stessa età: non è conforto per il padre Giuseppe, sapere che porta il nome del padre di Gesù Cristo.

Quel Lunedì, alle tre e mezzo di notte, Francesco si recava al lavoro senza sapere che stava camminando sulla strada del suo Calvario.

Ma la strada del Calvario è quella che porta in Paradiso,
proprio vicino al cuore di Dio, dove vengono accolte le anime dei più buoni, dei più sensibili, dei più affettuosi, dei più amati da tutti gli amici.

Ora Francesco è pianto da tutti.
Lo piange la madre inconsolabile, il padre, il fratello Emanuele, la zia Silvana e le sue cugine. Lo piangono gli amici. Lo piange tutta la città di Scicli, perché Scicli è una grande famiglia e oggi è morto un nobile figlio di questa città.
Noi tutti, non lo dimenticheremo mai.

Ora vi farò ascoltare un canto di dolore, quasi una preghiera, che un giorno Francesco mi aveva sentito suonare, e per questo mi aveva detto con la sua voce particolare: “Ginu, u sai, sta canzuna mi piaçi, a sunasti bona, occu bbota m’ha ffari sentiri attorna”. 
Non pensavo che gliel’avrei fatta riascoltare in questa occasione.    


 
                                                                  Gino Carbonaro

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