Gabriel Garcia Marquez,
“Scritti Costieri”, Maggio, 1948
Vita e passione di uno strumento musicale
Non so cos’abbia di tanto
comunicativo la fisarmonica che quando la sentiamo ci si stringe il cuore.
Personalmente, io farei innalzare una statua a questo mantice nostalgico,
amaramente umano, che tanto ha dell’animale triste. Nulla so di concreto della sua origine, della sua lunga traiettoria
zingaresca, della sua irrevocabile vocazione di vagabondo. Probabilmente ci
sarà chi tenterà di salire lungo l’albero inutile di una complicata genealogia
musicale fino a trovare, in non so quale ignoto punto della storia, il primo
uomo che un bel mattino si svegliò con il bisogno impellente di inventare la
fisarmonica. A noi, signor lettore, nulla di tutto questo interessa.
Dobbiamo rassegnarci a credere che –
come tutti i vagabondi – tale strumento si sia presentato dinanzi ai nostri
occhi stupefatti senza certificati di nascita e buona condotta. Ha avuto –
questo è indubbio – un’adolescenza dissipata, oscura, fitta di albe turbolente.
I suoi migliori anni si sono dipanati
nell’angolo anonimo, greve di vapori. di una taverna tedesca. […] Così, con questa implacabile lezione di umanità, ha continuato a
cullare la febbre delle periferie, dispiegando il suo ventre in tutti i porti
come qualsiasi incorregibile marinaio.
Il
valzer francese è passato per i suoi polmoni dicendo quel carico di
tristezza, quell’irreparabile malinconia che riempiva di stelle gli occhi della
Margot.
La fisarmonica è sempre stata, come la nostra gaita, uno
strumento proletario. Gli argentini hanno voluto imporle rango da salotto ma
lei, nottambula inveterata, ha cambiato nome ed ha abbandonato i figli
bastardi. Il frac non si confaceva alla
sua dignità di vagabonda convinta. Ed è così. La fisarmonica legittima,
autentica, è questa che ha preso la nazionalità fra noi, nella vallata del Rio
Magdalena. Si è incorporata agli elementi del folklore nazionale accanto alla
gaitas, al millos ed ai tamburi della costa. Accanto ai chitarrini di Boyaca
Tiolima, Antioquia. Qui la vediamo fra le mani dei giullari che vanno qua e là
recando il loro caloroso messaggio di
poesia. Qui indossa il suo vecchio
abito da marinaio senza rotta. Poiché
so che non le mancano nemici, ho voluto scrivere questo pezzo che ha un
inizio e avrà una fine da gregueria. Ascolti
la fisarmonica, amico lettore, e vedrà con quale dolente nostalgia le si stringerà
il cuore., Maggio, 1948.
La fisarmonica. Da quando avevo 12 anni è stata la mia compagna, il conforto della mia vita. Non è facile dire cosa abbia di diverso da tutti gli altri strumenti, ma quando apri il mantice e lo metti in tensione per spremere il suono, ti accorgi che la fisarmonica ha un'anima. Quel mantice è il polmone di uno strumento che respira, strumento che è vivo, a cui tu affidi i tuoi sentimenti. Parlo di mantice, perché la vita della fisarmonica è data dal mantice, perché è nella pressione di questo polmone artificiale, nella delicata modularità del suono, che tu puoi entrare in contatto con le parti più profonde e meno conosciute di te stesso. La fisarmonica è strumento che soffre, che piange, che sorride, strumento che ti prende e ti trasporta in un mondo surreale. Per anni, cosa da non credere, per anni ho ritenuto che la fisarmonica fosse lo strumento dei mendicanti, dei poveri, strumento che aveva alcunché di buffo con quel muoversi in modo strano, strumento che tutti ritenevano come un nato illegittimo. Fisarmonica. Anche il nome è strano. Difatti, cosa vuol dire questa parola. Per questo, gli addetti ai lavori L'hanno sempre guardata con la puzza al naso. Come qualcosa che avrebbe potuto stimolare il singhiozzo o il vomito. Qualcosa da cui tenersi alla larga. E è proprio da quella prima percezione non-positiva che la fisarmonica non si è ancora liberata, definiamolo pregiudizio, e che io stesso, per decenni, mi sono ritenuto un musicante di bassa lega, proprio perché non avevo scelto di studiare arpa, violino, tromba, pianoforte, cioè, uno strumento nobile. Poi, un giorno la illuminazione, capii da solo che la fisarmonica era speciale per la delicatezza, finezza, morbidezza con cui mi consegnava i suoni, e cominciai ad abbracciare il mio amore in modo diverso. Il braccio sinistro si collegò meglio con la mia anima e il rapporto, mentale e spirituale, cambiò, e finalmente venne la musica, quella vera. Questo credo di avere capito.
Mi sono accorto da solo, e dopo tanti anni, che lei, la Fisarmonica, era stata da sempre la mia fedele amica, e da allora la incontro quasi tutte le sere per fare l'amo con lei.
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