A
Giuseppe Raffa da Gino Carbonaro
Ragusa (I)
15 dicembre 2013, London (Ca)
Giuseppe carissimo,
Abbiamo un amico comune. Parlo
di Daniele Pidone, l’eccellente chitarrista catanese, che giorno 29 novembre
u.s. mi ha consegnato il tuo libro di poesie “dal Mela al Thames” per il quale
ti ringrazio.
Ho letto la tua bellissima
dedica, sincera, scritta col cuore. Ho notato la tua bellissima grafia,
armonica, dolce, chiara, elegante, sicura, forte. Mi sono incuriosito, ma
(purtroppo) non sto riuscendo a trovare tempo per me stesso per via di questi
cosiddetti appuntamenti culturali (conferenze o altro).
Ho messo il tuo libro
sul mio comodino, sperando di rubare il tempo agli altri per dedicarlo a me
stesso, e di conseguenza, a noi due.
Da un tre sere, il libro è
tutto per me. Ma, la poesia e come l’acqua. Anche se sei assetato non puoi
ingoiarla tutta d’un fiato. Anche se le poesie sono molte, ognuna ha una sua
identità, che va rispettata. Così come da mia abitudine, ho aperto il libro con
cautela, come un sacerdote che entra in un tempio nuovo.
Ed ecco la prima sorpresa: la
lingua, la struttura, la forma, l’andamento dei versi, il loro incastro, tutto
aveva il profumo della novità assoluta, della freschezza. Era come se la tua
poesia fosse stata attinta direttamente
ad una fonte fresca e viva. Sorgente dove la realtà si offre nella sua purezza,
con tutta la sua cristallina trasparenza e candore, e ci dà l'opportunità di capire il senso della vita. La
filosofia dell’esistere. Il perché si vive. Il bisogno dell’ amore e della
sessualità. Proprio bella questa capacità di scoprire le nervature della realtà.
Ma, la tua poesia, così come le
opere di un musicista moderno, vanno riletta più volte. Così, ogni sera, da tre sere, anziché andare avanti, ho ricominciato a ri-leggere,
dall’inizio. Per gustare meglio. Godere un passaggio, una sfumatura, che prima
non avevo notato.
Ed è allora che registro il
concetto di “tensione” che caratterizza la tua poesia, che mi ha fatto venire in
mente la torre di Eiffel. Spinta verso l’alto. Intreccio quasi naturale della
struttura. Armonia. Forza. Ma soprattutto “tensione”. Ho già detto. Così, ogni
verso, diventa parte di un struttura portante, forte nella sua dolcezza
armonica.
Registro dunque il tuo rifiuto
per il verso dolciastro. Caramellato. Romanticismo, sì. Ma, con sfumature diverse.
E fra tutte le tue poesie quelle che mi hanno incantato sono le poche
scritte in portoghese. Questa lingua “musicale” che è quasi magica. Dolcissima.
Implosiva. Ne è venuta fuori una sorta di samba, dinamicissima nella armonia, distesa,
cauta, finissima nel suo intarsio composito. Sognante nella melodia.
A questo punto, è d’obbligo
dire se la tua poesia mi ha trasmesso delle emozioni. La risposta è
certamente sì. Emozioni e riflessioni, che costringono il lettore a fermarsi, per
meditare, per ri-gustare, e soprattutto per riflettere.
Certamente, c’è nella tua
poesia, che va considerata come parte di un diario della tua vita, c’è nella
tua poesia, dicevamo, un qualcosa di antico, come di una voce scura che chiama
da lontano, da una “Terra” che ha conosciuto la sofferenza. Voce che è dentro
di te e accompagna la tua esistenza. Voce che è di tutti gli umani e parla di
dolore, di misteri, di luci e di tenebre. E’ l’ombra della morte. Che è la
nostra amica-nemica. L’invalicabile limite che accompagna il cammino della
nostra vita e che potrebbe bussare alla porta in qualsiasi momento per
notificare che il nostro viaggio è finito. Abisso, orrido - per dirla con
Leopardi – che tu cerchi di scalare agganciandoti alla vita, ponendo i
semi della vita, offrendo e richiedendo la consapevole dolcezza del sesso e
dell’amore che vince la solitudine.
Che dire ancora? La tua poesia
si sviluppa ai confini del mito. I personaggi non vivono per se stessi, ma
fanno parte di un sogno. Quasi di un progetto cosmico. Vivono in un iper-uraneo
(yper-ouranòs). Al di là di questo mondo.
Tante cose ancora potrei dire, perché le chiavi di lettura sono veramente tante, ma è “atto dovuto” segnalarti qualche altra poesia degna di essere ricordata. Una di queste è “Hamed” a p. 57. L'altra è quella dedicata alla nonna. Bellissima. In una lingua siciliana che tu domini perfettamente. Lingua che è di per sé poetica.
Tornando ad Hamed" sento di dover ricordare che questa poesia non va sottovalutata. E' qui che ritrovo tutta la tua esperienza formale di te poeta. Ogni verso una spatolata decisa, sicura. Verso-colore. Verso-tensione. Verso-luce. Verso che è vita e morte. Verso che imprigiona, costruisce, racchiude il tutto di una vita che è dell'uomo e di tutta la natura.
Congratulazioni. Vivissime.
E grazie per questo bel regalo.
La prossima volta che vieni a Catania, verrò ad incontrarti.
Gino
P.S.
2. C’è un libro (diverso) che
potrebbe piacerti e che avrei il piacere di inviarti. Si tratta di “Terra
Matta” di Vincenzo Rabito, chiaramontano. Di questa provincia. Best seller
italiano di cui avrai sentito parlare. O che forse avrai letto.
5. Su di me ho un blog, con alcune cose che vado scrivendo sul
Quotidiano “La Sicilia” e altro ancora.
Ma su YouTube ci sono le mie interpretazioni alla fisarmonica. Ne ho inserite
una quarantina. Mi pare.
6. A risentirci.
7. Inoltro l’email a Daniele
perché mi pare di non avere il tuo email.
Gino Carbonaro
email: gino.carbonaro.italy@gmail.com