La Donna e la trasgressione per Esiodo
Il mito di Pandora
di Gino Carbonaro
L’archetipo biblico di Adamo ed Eva è
richiamato dalla mitologia greca.
Nella "Teogonia" di Esiodo, lo scrittore parla della nascita degli dei e racconta che all’inizio Giove aveva creato solo Dei e uomini. Senza donne. Soltanto
in un secondo tempo, impastando la terra, Giove penso di creare un essere, simile all’uomo ma diverso.
Si trattò di una bellissima vergine dagli occhi molto azzurri e dai capelli
dorati. Soffiando le diede la vita, la chiamò Pandora
(tutta doni) e la condusse davanti
agli Dei che rimasero incantati. Ma, osservandola bene, gli dei non compresero
che si trattava di un male che era bello in apparenza, ma di trattava di un rovinoso
inganno.
“Fu così – scrive Esiodo - che nacque la maledetta stirpe delle donne”.
In un’altra opera titolata “Le opere e i giorni”, sempre Esiodo rincara la dose raccontando che dapprima la razza degli uomini viveva felice sulla Terra, senza mali e senza fatica (vedi Età dell'oro di Saturno), e le malattie, se c’erano, non apportavano rovina agli uomini.
Fu “colpa di Pandora” se l’uomo ha perduto la felicità di un tempo.
Come nel mito biblico, anche il mito greco attribuisce alla donna tutti i mali del genere umano:
-
al posto di Eva c’è Pandora,
-
al posto di Adamo c’è Epimeteo.
- La proibizione? un vaso che non si deve aprire, in luogo di
un frutto che non si deve mangiare.
La storia è la seguente. Giove aveva dato ad Epimeteo, sposo a Pandora,
un vaso, ordinandogli di non aprirlo, in quanto al suo interno erano custoditi
tutti i mali del mondo. Ma, Pandora curiosa e disubbidiente aprì il vaso in assenza
di Epimeteo. I mali uscirono fuori dal vaso e si sparsero sulla Terra.
Parlando delle donne, Esiodo si esprime
con parole di estrema misoginia:
“La razza delle donne è dannosa ed causa di
grandi mali ai mortali. La donna è come il fuco-parassita che mangia il dolce
miele delle api operaie. Le donne sono così dannose per il genere umano, che
anche le donne oneste, se mai esistono, sono la rovina dei loro mariti. Chi si
fida di una donna si fida di un ladro. Chi si af-fida a una donna si affida al
vento (mentre) chi con-fida in una donna confida nel male”. Meglio, dunque, diffidare. Da questo
mito si evince come per il mito di Adamo ed Eva:
1. Che esiste una Autorità
alla quale bisogna ubbidire
incondizionatamente senza chiedere conto
e ragione.
2. Che l’ubbidienza è
legge naturale dettata da Dio; che gli ordini emanati da chi detiene il
potere non vanno trasgrediti, pena una punizione terribile, principio fondamentale
nei rapporti interpersonali e sociali. Chi comanda e detta legge è ovviamente
il più forte, in questo caso Dio, ma subito dopo l’uomo, nei confronti della
moglie e dei figli.
3. Che trasgressione o disubbidienza
sono mali temibili che vanno perseguiti sempre, in qualsiasi epoca storica, in
qualunque situazione.
Gino Carbonaro
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